LE RADICI DEL FENOMENO “MISERICORDIA”
Il fenomeno rappresentato dalle Misericordie, quale oggi lo conosciamo, affonda le sue radici nella tradizione, sociale e religiosa, delle prime forme di partecipazione dei cittadini alla vita della comunità e che, accanto ad altri, presero il nome di Confraternite.
“L’origine delle Confraternite può essere fatta risalire alle stesse prime comunità cristiane.
Il Cristianesimo di fronte alla disgregazione del tessuto sociale, nasce e si sviluppa in una fitta rete di associazioni, come ci ricordano gli Atti degli Apostoli. Tali gruppi comunitari si presentano alla stregua di una federazione di Confraternite a carattere religioso e professionale, in senso lato evidentemente, ma ciascuna con le sue assemblee, i suoi statuti, i suoi funzionari, la sua cassa.
Esse, prima osteggiate dall’autorità, poi tollerate e quindi incoraggiate, mutuarono forme di organizzazione dai cosiddetti ” collegi ” romani, vivificandoli però con lo spirito della fraternità evangelica.”(“Jubilaum Internationale Confraternitatum – Acta”, Don Vincenzo Paglia, Roma 1984 ).
E’ nel medioevo, tuttavia, che queste forme di partecipazione dei cittadini alla vita sociale assumono una identità più definita.
Se se ne ha notizia già dal sec. X, è nel sec. XIII che le troviamo diffuse, ovunque in Europa, come vero e proprio tessuto connettivo della società in cui la motivazione religiosa si accompagna, spesso, al bisogno di considerazione sociale e di sicurezza.
All’interno di questo grandioso fenomeno spontaneo è possibile, tuttavia, individuare i contorni di almeno quattro tipologie di associazioni.
Vi sono le Confraternite di Devozione (Compagnie dei Laudesi, ecc.) che raccolgono tutti coloro che sono attratti da una stessa forma di pietà (ad esempio il culto all’eucarestia o al rosario) e che consentono una partecipazione più diretta dei laici alla liturgia.
Vi sono le Confraternite dei Penitenti (Compagnia dei Disciplinati, i Flagellanti, ecc.) che pongono l’accento sul rigore di comportamento richiesto agli adepti e sulla necessità del pentimento e della penitenza.
Vi sono le Confraternite di Mestiere (Le c.d. Arti, ecc.) che uniscono attorno al culto del santo patrono i membri di una stessa professione prestando agli associati i servizi di “mutuo soccorso” ed offrendo una base di rappresentanza per la categoria.
Infine, talvolta nate in modo autonomo, altre volte frutto della evoluzione di altre associazioni, vi sono poi le Confraternite di Beneficenza (le Misericordie in Toscana, in Spagna e Portogallo, le Scholae veneziane, le Confraternite dello Spirito Santo della regione del Rodano, le Carità della Normandia, le Confraternite di Siviglia, quelle Teutoniche, ecc.) che, nella pratica della carità, si distinguono offrendo specifici servizi di assistenza, gestendo ospedali, curando la sepoltura dei morti, ecc.
“Le Opere di Misericordia, secondo lo schema evangelico di Mt. 25, divengono uno dei cardini dell’azione della Confraternita e sono proprio queste associazioni che nel medioevo aggiungono alle sei evangeliche la settima Opera di Misericordia: la sepoltura dei morti.”(“Jubilaum Internationale Confraternitatum – Acta”, Don Vincenzo Paglia, Roma 1984).
In secoli politicamente confusi in cui erano frequenti le occasioni di contesa fra i diversi “poteri” civili e religiosi, le Confraternite si trovarono, spesso, a svolgere un ruolo da protagonista tanto sul piano religioso che su quello civile.
Sul fronte religioso, le Confraternite rappresentavano lo sforzo dei laici per ritagliarsi uno spazio fra la gerarchia, i monaci ed il popolo dei fedeli.
“Oltre l’Ordo clericorum e l’Ordo monasticum si voleva affermare un nuovo Ordo, l’Ordo fraternítatis che raccogliesse i laici devoti e ” impegnati ” in una sorta di spazio intermedio tra quello dei semplici fedeli e quello dei religiosi.
In tal senso la carica di riforma penítenziale nei sodalizi medioevali è una delle note caratteristiche. La stessa esperienza francescana è legata a questa forma associativa.”(“Jubilaum Internationale Confraternitatum – Acta”, Don Vincenzo Paglia, Roma 1984 ).
Sul fronte civile, le Confraternite rappresentano invece una delle forme attraverso cui si esprime il desiderio di partecipazione alla vita sociale, anche politica, della comunità.
La crescente importanza, anche economica, assunta da alcune Confraternite, unitamente alla loro grande capacità di mobilitazione dei sentimenti popolari, ne farà, a partire dal sec. XIV, l’obbiettivo di ripetuti tentativi di “imbrigliarne” lo sviluppo e l’attività.
Costantemente in bilico fra i sospetto di eresia, sul fronte religioso, e di opposizione al potere politico, sul fronte civile, spesso ricchissime per donazioni e lasciti, le Confraternite diventarono la forma associativa spontanea e volontaria più diffusa in Europa a partire dal sec XIV.Con queste radici e su queste premesse prende avvio il fenomeno delle Misericordie.
NELLA TRADIZIONE
Secondo la tradizione la prima Misericordia, quella di Firenze, venne fondata nel 1244 dal frate domenicano Pietro da Verona, poi divenuto Santo con il titolo di “Pietro Martire”.
Siamo negli anni in cui il confronto fra la Chiesa e l’Impero si fa più aspro.
Il Papa esige obbedienza perchè l’Imperatore è tale per “volontà divina” e la sua autorità è legittimata dal Trono di Pietro che ne è la manifestazione terrena.
L’Imperatore, rappresentando il vertice del sistema feudale, pretende invece di intervenire negli affari interni della Chiesa che è ormai diventata una componente importante nella amministrazione di vaste aree dell’Impero.
Il conflitto, protrattosi, con varia intensità, per oltre due secoli, riesplode violento, nei primi decenni del XIII secolo allorquando Federico II di Hohenstauffen, incoronato Imperatore nel 1220 in San Pietro dal Papa Onorio III, intende restaurare l’autorità imperiale.
In un crescendo di polemiche di giunge al 1239 quando Federico II esorta i Cardinali a disobbedire al Papa Gregorio IX, insediato nel 1227, accusato di inteferire per ragioni personali negli affari interni dell’impero: la risposta del Papa è la scomunica per l’Imperatore ed i suoi seguaci accusati, a loro volta, di non volersi piegare al volere apostolico.
Federico II reagisce tentando la presa di Roma nel 1240.
Nel 1241 una flotta armata dai pisani, fedeli a Federico II, attacca al largo della Meloria le navi genovesi che recano i prelati convocati a Roma dal Papa per il Concilio fissato per la Pasqua di quell’anno.
Federico II accompagna le azioni militari ad una politica che mira ad indebolire l’autorità della Chiesa Romana sostenendo tutti coloro che mostrano di esserne insofferenti.
Per questa ragione, nonostante le durissime leggi contro l’eresia da lui stesso emanate, favorisce e protegge, di fatto, i seguaci della eresia “patarina” particolarmente attiva in alcune zone dell’Impero.
Il conflitto diventa totale e si combatte tanto sul terreno degli ordinamenti civili e delle autonomie comunali, quanto su quello dei principi religiosi e della osservanza ai precetti di fede.
Pietro da Verona giunse a Firenze sul finire del 1244, sotto il pontificato di Innocenzo IV.
La sua presenza a Firenze è richiesta dallo stesso Inquisitore della città, il domenicano Ruggero Calcagni, che non riesce ad ottenere dal Podestà, di fede ghibellina e di simpatie patarine, l’applicazione dei provvedimenti contro l’eresia emanati dallo stesso Imperatore. (“Legenda de Originis”, Fra Pietro da Todi dell’ Ordine dei Servi di Maria,1317).
Nello stesso anno, sull’esempio di quanto aveva già fatto a Milano nel 1232, costituisce la “Società della Fede” organizzando i fedeli su base territoriale, come veri e propri “Miles Fidei” posti sotto il comando di dodici Capitani.
Questa intensa attività di Fra Pietro, che rafforzava la posizione della Chiesa cittadina, non poteva passare inosservata al Podestà imperiale, il bergamasco Pace da Pesamigola, facendo precipitare gli eventi.
Avvenne così che, a seguito della condanna dell’Inquisizione contro i fratelli Pace e Barone Giubelli accusati di essere dei “patarini”, il Podestà ne impedisse l’esecuzione pubblica suscitando la resistenza degli inquisitori Fra Ruggero Calcagni e Fra Pietro da Verona decisi a mandare al rogo i due eretici.
Il 24 agosto 1245, la “sera di S.Bartolomeo”, convocarono i “Miles Fidei” in Duomo, dove il Vescovo avrebbe dovuto annunciare la scomunica del Podestà per sostegno all’eresia. Appresa l’iniziativa un gruppo di armati, guidati da Farinata degli Uberti e sostenuti da una gran quantità di popolo, si diresse verso il centro cittadino deciso a contrastare l’iniziativa: il primo scontro fra le opposte fazioni avvenne in Piazza Santa Felicita, prima dell’unico ponte sull’Arno, e si risolse a favore degli uomini di Farinata degli Uberti che si trovò così la strada spianata verso il Duomo.
Impauriti i due frati inquisitori ed il Vescovo, scortati dai “Miles Fidei” fuggirono verso Santa Maria Novella e dopo un ultimo e deciso scontro al “Trebbio” furono costretti a desistere dai loro intenti offrendo un accordo di compromesso con l’autorità civile che, condannando formalmente l’eresia, di fatto metteva fine, però, alle esecuzioni.
Fra Pietro da Verona lascia poco dopo Firenze, ritenuta per lui insicura, ma formalmente monda.
La “Società della Fede”, da lui creata, perde la sua funzione e sciogliendosi da vita a tre Compagnie: la Compagnia della Vergine poi detta di San Pier Martire, la Compagnia del Bigallo e la Compagnia della Misericordia.
Fra Petro verrà ucciso, nei pressi di Seveso, da eretici patarini nel 1252. Viene dichiarato Santo nel 1253.
Questa ricostruzione dei fatti che, secondo la tradizione, dettero vita alla prima Misericordia purtroppo non dispone dei documenti originari, sembra perduti a causa della rovinosa alluvione del 1557, ricevendo una conferma postuma soltanto dai documenti amministrativi del secolo successivo.(“Documenti inediti o poco noti per la storia della Misericordia di Firenze”, Ugo Morini, 1940)
L’assenza degli Atti di Fondazione o di una specifica storiografia coeva non consente, oggi, di stabilire definitivamente la data di nascita della Compagnia soprattutto alla luce del fatto che tale mancanza di documenti sembra accomunare tutte le quattro Istituzioni cittadine che si ritengono fondate dal Santo.
Una di queste, l’Ordine dei Servi di Maria, approfondendo le proprie origini, suggerisce interessanti spunti per nuove indagini. (“Alle Origini dei Servi – Atti della Settimana di Spiritualità”, Montesenario 1979)
Secondo questi studi i Servi di Maria e la Compagnia del Bigallo avrebbero origine comune dai Laudesi di S.Reparata, già attivi nel 1230 (“Legenda de Originis”, Fra Pietro da Todi dell’Ordine dei Servi di Maria, 1317).
Seguendo questa traccia la figura di fra Pietro assumerebbe un ruolo diverso nella storia delle Compagnie.
Nelle vesti di “Coadiutore dell’Inquisitore”, ha il compito di verificare (inquisire) la fedeltà alla dottrina della Chiesa dei fedeli e delle loro associazioni che, all’epoca, avevano perlopiù carattere informale.
Fra Pietro comprende bene le potenzialità offerte dall’associazionismo spontaneo dei fedeli, ma l’informalità, l’assenza di Statuti redatti in conformità ai principi stabiliti della Chiesa, espone al rischio di eresia queste forme di aggregazione, tantopiù che il IV Concilio Lateranense del 1215, voluto da Papa Innocenzo III per contrastare l’eresia patarina, aveva fissato limiti precisi all’associazionismo laico.
Come Caudiutore suggerisce, quindi, a queste associazioni spontanee di adottare Statuti ed Ordinamenti più consoni. Nel caso dell’Ordine dei Servi di Maria, costituitosi informalmente nel 1233, ciò avviene certamente nel 1244 (“Legenda de Originis”, Fra Pietro da Todi dell’Ordine dei Servi di Maria, 1317) aprendo l’ipotesi di una anloga vicenda per le altre Compagnie che affermano di essere state fondate nello stesso anno ricevendo gli Statuti da San Pietro Martire.
Perfino l’assenza della documentazione originaria troverebbe una qualche spiegazione alla luce di quanto avvenuto nell’Ordine dei Servi di Maria. In questo caso pare che i più antichi documenti relativi ai Servi siano stati metodicamente distrutti od occultati dallo stesso Ordine per sfuggire ai rigori dei canoni fissati nel 1215 dal IV Concilio Lateranense e nel 1274 dal II Concilio Lionese.(“I Frati Servi di Santa Maria dalle origini alla approvazione”, F.A. Dal Pino, Louvan 1972)
Altrettanto, per motivi anche diversi, potrebbe essere avvenuto nelle Compagnie se è vero che il primo documento conosciuto in cui si cita la Misericordia risale al 1321 ed attesta che, in quel momento, la Compagnia dispone dei capitali necessari per l’acquisto di una casa davanti al Battistero.
Come si è formato quel capitale? Chi aveva amministrato la Compagnia? Come mai, oltre ai documenti interni andati perduti nella alluvione 1557, non esistono altri atti negli archivi civili del Comune che attestino, se non altro, l’attività economica della Compagnia?
Sono interrogativi a cui sarà possibile rispondere solo con la scoperta di nuovi documenti, ma che lasciano intatta l’importanza del ruolo tradizionalmente attribuito a San Pietro Martire che, qualora risultasse non esserne il fondatore, è certamente colui che ha dato alla prima Misericordia la solidità dell’istituzione.
NELLA LEGGENDA
Per tradizione la nascita del movimento delle Misericordie viene fatta coincidere con la data di fondazione della Compagnia della Misericordia di Firenze che, essendo andati perduti gli atti di fondazione originari, è stata individuata, sulla base di documenti successivi, nel 1244 per opera del domenicano Pietro da Verona.
A fianco di questa ricostruzione documentale si è andata però formando, nel corso dei secoli, una diversa tradizione popolare che vuole in un facchino dell’Arte della Lana, tal Piero di Luca Borsi, l’iniziatore della Compagnia della Misericordia.
Piero, figlio di Luca Borsi, secondo la leggenda, era un uomo di età avanzata che lavorava a Firenze come facchino per conto della potente Arte della Lana. Il commercio dei panni di lana era allora molto fiorente e la movimentazione delle merci, affidata ai facchini, era un lavoro intenso e pesante tanto che, non di rado, per alleviare la fatica, veniva fatto ricorso ad abbondanti bevute di vino.
Un gruppo di questi facchini, fra cui il nostro Piero, aveva l’abitudine, fra un viaggio e l’altro, di rinfrancarsi presso la Buca degli Adimari, una mescita di vino nei pressi della Cattedrale.
Le discussioni fra colleghi erano inevitabili e frequenti. Forse per la stanchezza, forse per il vino, certamente per ignoranza, i compagni di Piero si lasciavano andare, spesso e volentieri, alla bestemmia del nome di Dio.
Piero che era uomo molto devoto, rimproverava questo comportamento dei compagni senza però ottenere alcun risultato.
Ebbe l’idea, allora, di proporre ai compagni di istituire il pagamento di una multa ogniqualvolta uno di essi bestemmiasse il nome di Dio.
La proposta venne accettata, ma, evidentemente, la quantità delle bestemmie non diminuì tant’è che, dopo qualche tempo, la somma, costituita dal versamento delle multe, raggiunse una cifra considerevole.
Piero, allora, pensò che se non riusciva a far smettere di bestemmiare i compagni, poteva almeno fare in modo che la somma, frutto delle multe per quelle bestemmie, venisse impiegata come pietosa ammenda per la loro pronuncia.
Propose, quindi, ai compagni di comprare, con quei soldi, sei ceste da portare a spalla, dette zane, con le quali andare a raccogliere i malati della città accompagnandoli agli ospizi dove sarebbero stati curati. I compagni accettarono e stabilirono un compenso per ciascuno dei viaggi che avrebbero effettuato.
Così, secondo il sentimento popolare, ebbe inizio la Compagnia della Misericordia.
La prima versione scritta di questa leggenda si rintraccia nella “Storia della Compagnia della Misericordia” scritta da Placido Landini nel 1779 sulla base di documenti precedenti.
Contro questa ricostruzione leggendaria e popolare si è levata, a più riprese ed in modo circostanziato, la critica di alcuni storici che, soprattutto dal finire del 1800, ne hanno messo in luce le incongruenze e la irreperibilità dello scritto “in gotico”, citato da Placido Landini, accreditando, invece, la figura di Pietro da Verona, quale fondatore, che, certamente, è più consona all’immagine della Pia Istituzione rispetto a quella dei bestemmiatori.
Nonostante ciò la Leggenda Popolare di Piero di Luca Borsi continua a riscuotere un immutato successo fra i Fratelli delle numerose Misericordie che da allora si sono diffuse in tutta l’Italia e nel mondo: vale la pena di domandarsene il motivo.
E’ innegabile che le Misericordie, nonostante la Santità della loro ispirazione e degli obbiettivi che si pongono, raccolgono fra i loro iscritti uomini comuni, con il loro carico di debolezze e di errori, ed è comprensibile che la morale, che fa da sfondo alla Leggenda, parli al loro cuore con maggiore efficacia di quanto non possa fare l’indiscutibile esempio del Santo veronese.
Ma a ben guardare, la antica Leggenda popolare appare, sorprendentemente, moderna e ricca di indicazioni e spunti di riflessione, quasi si trattasse di un Manifesto del Movimento.
Che dire dei facchini che istituiscono volontariamente la sanzione per i propri errori ed il servizio al prossimo come ammenda? Non sono simili a quei Fratelli che cercano nel servizio il rimedio ai propri peccati?
Che dire dello stesso Piero che cerca di correggere i colleghi volgendo le loro energie al bene? Non è l’atteggiamento richiesto ai responsabili delle Misericordie?
La tradizione popolare (ma è, qui, forse il caso di parlare di “Saggezza”), sembra aver disegnato, inconsciamente, attraverso la metafora della Leggenda, il profilo di cosa voglia dire partecipare all’esperienza delle Misericordie.
E’ per questo motivo, forse, che la Leggenda vive, nonostante tutto e nonostante tutti.
NELLA STORIA
Se secondo la tradizione la prima Misericordia, quella fiorentina, risale al 1244, la prima traccia documentale che ne dà testimonianza è del 1321 ed è relativa all’atto di acquisto di una casa di proprietà di Baldinuccio Adimari sita davanti al Battistero.(Bibl. Naz. Firenze – Fondo Magliabechiano)
Ancora del 1321 vi è una nota relativa alla “Messa per la Pace” fra guelfi e ghibellini organizzata congiuntamente dai Capitani della Compagnia della Misericordia e della Compagnia del Bigallo.
Esiste poi una quantità di atti e rogiti notarili, datati a partire dal 1330, nei quali la Compagnia della Misericordia risulta beneficiaria di lasciti e donazioni.
Risalgono invece al 1361 quattro registri in cui sono riportati i nomi degli ascritti suddivisi per quartiere (Bib. Naz. Firenze-Fondo Magliabechiano).
In quegli anni la Compagnia è retta da otto Capitani, due per quartiere, scelti in modo tale che sei di questi appartengano alle Arti Maggiori e due alle Minori.
Con la metà del 1300 il Comune, al pari di altri Stati europei, inizia a porre “maggiore attenzione” alle Confraternite con lo scopo, non dichiarato, di gestirne il patrimonio e di indirizzarne la politica sociale.(“Piety and Charity in Late Medieval Florence”, John Henderson, Oxford University Press 1994)
Questa linea politica venne facilitata dall’atteggiamento dei Capitani delle diverse Compagnie costantemente alla ricerca di “protezione politica ” e di “facilitazioni” per i loro sodalizi.
Un esempio significativo è costituito dalla questione dei lasciti.
Le Compagnie erano frequentemente beneficiarie di eredità e lasciti da parte di cittadini facoltosi, ma l’opposizione degli eredi naturali ne rendeva difficoltosa l’acquisizione al proprio patrimonio spingendo i Capitani a chiedere, a più riprese, una legislazione speciale che favorisse i propri sodalizi.
Nel 1363 la Repubblica adotterà un provvedimento che accoglie le richieste dei Capitani, ma che prevede, contemporaneamente, il diritto di prelazione dello Stato, a titolo di prestito, sul valore dei beni ricevuti in eredità dalle Compagnie.
Poco dopo, nel 1366, la Compagnia di Orsammichele, di gran lunga più ricca fra le Compagnie fiorentine del tempo, viene costretta ad accettare la nomina dei propri camarlinghi (amministratori del patrimonio) da parte della della Repubblica.
Il fenomeno è universale: nel 1374 la Fraternita della Misericordia di Arezzo, per motivi analoghi, perde ogni autonomia e, vedendosi imporre i rettori da parte del Comune, diventa un ente pubblico.
La riforma degli Statuti, avvenuta nel 1361, e la buona gestione economica consentono alla Misericordia fiorentina di ritardare gli effetti di questa politica, ma nel 1425 viene costretta a fondersi con la Compagnia del Bigallo e nel 1440 il nuovo sodalizio, originato dalla fusione, si vede imporre come proprio camarlingo il camarlingo della Compagnia di Orsanmichele che, come si è visto, già da tempo era di nomina pubblica.
Di fatto verso la metà del XV sec., a Firenze come nel resto d’Europa, tutte le Compagnie dedite alla beneficenza ed all’intervento sociale finiscono sotto il controllo diretto od indiretto dello Stato che le indirizza e le riorganizza secondo i propri fini di politica sociale.
A Firenze la Misericordia sarà ricostituita come organizzazione autonoma nel 1490, con nuovi Statuti, che ne modificano profondamente il corpo sociale, rendendola sostanzialmente diversa dal vecchio sodalizio, prevedendo un numero di membri ristretto e selezionato laddove in origine vi era la più ampia partecipazione a base popolare.(“Ritual Brotherhood in Renaissance Florence”, R.F.E. Weissman, New York 1982)
Di fatto, a Firenze come altrove, con il XVI secolo le Compagnie vennero messe in condizioni di esprimersi soltanto nei limiti parrocchiali come “Confraternite Sacramentali” o come esclusive società di assistenza troppo distanti dal popolo per costituirsi esse stesse come soggetto politico autonomo.(“Italian Confraternities in the Sixteenth Century”, C.F. Black, Cambridge 1989)
Ciò spiega come mai, pur registrandosi un numero elevato di Compagnie e Confraternite, non si siano sviluppati, per secoli, rapporti di reciproco contatto e come, invece, ciascuna di esse abbia continuato a vivere concentrata sulla propria particolare forma di devozione o sul servizio alla propria comunità.
L’unica forma di contatto istituzionale che sembra sopravvivere, in questi secoli, è rappresentata dalle occasioni devozionali e dai Pellegrinaggi Giubilari.
Su questo fronte, a partire dal XVI secolo, le diverse Confraternite cominciarono a stabilire forme di reciproca associazione in modo da “lucrare le indulgenze” di cui erano rispettivamente beneficiarie (“Le più antiche Misericordie”, Don Foresto Niccolai, Firenze 1996).
In Toscana, la politica dei Medici, inaugurata nel 1490 con la ricostituzione della Misericordia fiorentina, produce la progressiva trasformazione degli antichi sodalizi in “nuove” Confraternite di Misericordia.
Intanto nel 1573 il Cardinale Carlo Borromeo, a seguito del Concilio di Trento, aveva messo mano ad uno “Statuto generale” delle Confraternite laicali.
Questo processo verrà bruscamente interrotto il 21 marzo 1785 dal Decreto di soppressione delle Confraternite Laicali emanato da Pietro Leopoldo I di Lorena su ispirazione di Scipione de’ Ricci, Vescovo, scismatico e giansenista, di Pistoia.
A partire dal 1790, salito al trono granducale Ferdinando III, le Confraternite vengono autorizzate a riprendere la loro attività seppure in modo condizionato.
Poiché la Misericordia di Firenze, grazie al credito goduto presso il governo granducale, era stata esentata dagli effetti del Decreto dell’85 molte delle Confraternite, ricostituite dopo il 1790, trovarono opportuno procedere alla “Affiliazione” dei loro sodalizi alla Misericordia fiorentina.
Al fenomeno dell’Affiliazione reciproca per motivi devozionali, sviluppatosi nei secoli precedenti, si aggiunge, così, nel XIX secolo, il fenomeno della Affiliazione alla Misericordia fiorentina promosso da fini più politici: di fatto, per tutto il XIX secolo, per molte Confraternite la Misericordia di Firenze assume il ruolo di “punto di riferimento” organizzativo.(“Le più antiche Misericordie”, Don Foresto Niccolai, Firenze 1996).
I moti del 1848 e, successivamente, la proclamazione l’Unità d’Italia modificano il quadro di riferimento politico e la Capitale, ormai trasferitasi a Roma, fa sì che il Governo del Regno guardi con maggiore distacco alle logiche toscane.
Fra le Misericordie politicamente più attente si viene formando così l’idea della necessità di dare vita ad un organismo superiore, rappresentativo delle istanze locali e delle tradizioni dell’intero movimento, a cui demandare la conduzione del dialogo con il Governo centrale (Atti del Congresso di Pistoia)
Nel 1899 si riuniscono a Pistoia i rappresentanti di 40 Confraternite e danno vita alla “Federazione” trasformata, poi, in “Confederazione” nel 1947.
LA DIFESA DELLA IDENTITA’
La vicenda delle Misericordie, sia che se ne consideri l’origine leggendaria oppure la storia della tradizione od infine i risultati della moderna indagine storico-scientifica, ha un elemento ricorrente e costante. E’ la sua natura di dimensione popolare.
Quale che ne sia la lettura, sin dagli inizi le Misericordie manifestarono la propensione ad aggregare grandi quantità di cittadini desiderosi di dare attuazione concreta ai precetti della Carità cristiana.
La convinzione di “agire per conto di Dio“, la natura stessa delle opere che da sempre richiedono uno sforzo collettivo, rese le Misericordie, sin da allora, un luogo dove il cittadino, spesso escluso dagli “ambienti che contano“, poteva trovare un ruolo positivo nella vita pubblica della sua comunità. Non è ancora un ruolo politico ma è, certamente, un ruolo attivo.
Questa caratteristica delle Misericordie ne fa una palestra civile oltreché morale.
Non è un caso che nella Storia della Tradizione si narri che la prima Misericordia ebbe origine dalla “Società della Fede” che, di fatto, univa la difesa dei dogmi religiosi alle simpatie “politiche” per l’autonomia comunale.
E non è un caso che, secondo l’origine leggendaria, ebbe inizio per una iniziativa nata negli strati più umili della società di allora.
Non è, infine un caso, che le più moderne indagini storico scientifiche individuino le radici delle Misericordie nelle primeSocietas romane che avevano ispirazione religiosa ma manifestazione eminentemente civile.
Questo codice genetico delle Misericordie, che le percorre lungo i secoli, ne fa un elemento della società civile con cui i diversi ordinamenti politici, succedutisi nell’evoluzione della Storia, sono costretti, prima o poi, a confrontarsi.
Già nei documenti più antichi si scorge la volontà del potere politico di allora di “omologare” e “controllare” l’attività delle nostre associazioni.
La vicenda della Misericordia di Arezzo (1374), quella stessa della forzata unificazione della Misericordia con la Compagnia del Bigallo a Firenze (1425), dimostrano che sin dagli inizi la presenza delle nostre organizzazioni, libere perché volontarie, era considerata un pericolo per chi deteneva le leva del potere pubblico.
Talvolta, con maggiore lungimiranza (o scaltrezza) si è cercato di limitarne o condizionarne lo sviluppo, come nel caso della ricostituzione della Misericordia fiorentina a cui non è estranea la mano dei Medici.
Risalendo il corso della storia verso tempi più recenti, la maggiore quantità di documenti disponibili, conferma ed, anzi, chiarisce ulteriormente le dimensioni e la costanza di questa politica di controllo.
Sul finire del XVIII secolo le nostre associazioni volontarie vengono soppresse tentando di sostituirle con associazioni “di stato”. Il tentativo muore con il morire del secolo, ma dopo pochi decenni, con l’Unità d’Italia, si ripropone, per vie diverse, con le legislazioni sulle “Mani Morte” e con la Legge Crispi.
Nel corso del Ventennio Fascista ci fu il tentativo dello Stato di fare confluire le nostre associazioni nella sua Croce Rossa (così come la Repubblica fiorentina aveva fatto a suo tempo con il Bigallo).
Più recentemente, perfino nell’Italia repubblicana, la legislazione nazionale, prima, e regionale, poi, hanno a più riprese posto limiti e condizioni allo sviluppo del volontariato in generale e delle nostre associazioni in particolare, seguendo una logica del tutto simile a quella medicea dei secoli passati.
Tentativi reiterati, messi in atto indistintamente da regimi ed ordinamenti politici diversi nel corso dei secoli, il cui unico obbiettivo è quello di porre un limite alla esuberante natura prepolitica delle nostre associazioni.
Questo aspetto prepolitico è assieme alla ispirazione cristiana un tratto inconfondibile delle Misericordie che è rimasto inalterato lungo i secoli e che trova, oggi, nella struttura Confederale il suo sbocco naturale.
LA FONDAZIONE
La Federazione Nazionale delle Misericordie viene fondata, con l’approvazione dello Statuto il 21 Novembre 1899 a Pisa.
L’approvazione dello Statuto è l’atto conclusivo dei lavori congressuali, tenuti a Pistoia il 24 e 25 settembre precedente (1899), nel corso dei quali, per la prima volta nella storia le Misericordie si riuniscono per discutere congiuntamente della loro esperienza e tracciare un cammino comune nel futuro.
L’iniziativa della convocazione di un Congresso viene assunta dalla Misericordia di Pistoia che inizialmente intende celebrarlo in occasione dei festeggiamenti per il proprio IV centenario (1500-1900), ma motivi di opportunità generale ne consigliano l’anticipazione:
“Ma per ragioni speciali, e per il bene ed interesse non solo dell’Istituzione proponente, sibbene anche per quello di tutte quante le Associazioni Consorelle, fu opportunamente deliberato di anticipare la riunione di tale Congresso, e di tenerlo in questo ‘ultimo anno del secolo che muore (nel qual secolo tante ferite furono arrecate alle nostre Benemerite Istituzioni), affinché l’alba del secolo che sta per sorgere potesse trovare le medesime già fruenti dei vantaggi, che stanno per derivar loro da una santa e solida Lega Federale” (“Proemio” – Atti del I Congresso Nazionale – Pistoia 24 Settembre 1899)
La tenuta del Congresso si rivelò subito problematica.
La Commissione, insediata il 14 gennaio 1899 per organizzare l’incontro nazionale, ebbe difficoltà ad individuare tutte le Confraternite esistenti.
Per secoli erano mancati i contatti e ciascuna Associazione aveva avuto una evoluzione autonoma che si era misurata solo con la sua realtà locale.
Ora la Commissione avrebbe dovuto ricercare e contattare le Misericordie disperse sul territorio e ricondurle in un luogo comune dove avrebbero potuto scoprirsi, nonostante la lontananza dei secoli, sorelle.
Il compito apparve difficile e la Commissione riuscì ad assolverlo almeno in parte grazie alla collaborazione assicurata da alcune diocesi.
Al termine di questa indagine vennero individuate 77 Misericordie a cui la Commissione inviò la Circolare di invito.
Risposero all’appello soltanto 45 di esse (di cui 9 soltanto per lettera).
Le riunioni del 24 e 25 settembre videro la partecipazione attiva di sole 36 Misericordie di cui 7 rappresentate per delega.
Fra i presenti vi erano i rappresentanti dei grandi sodalizi delle città capoluogo della Toscana, ma anche rappresentati delle piccole associazioni dell’estrema periferia.
E’ significativo il contributo al dibattito offerto proprio da queste piccole Associazioni, così come emerge dai Verbali del Congresso, dimostrando una vitalità ed una attenzione all’evolversi dei tempi davvero sorprendente.
I lavori congressuali, che terminano il 25 settembre, confermano il Conte Cesare Sardi, rappresentante della Misericordia di Lucca e della Misericordia di Borgo a Mozzano, quale primo Presidente delle Misericordie.
Il Discorso conclusivo (pubblicato integralmente alla Sezione Documenti del sito) tenuto dal Conte Sardi traccia la fisionomia della neocostituita Federazione e del nascente movimento.
La Commissione incaricata della pubblicazione degli Atti così chiudeva il documento:
“Ricordiamoci che dopo la solenne proclamazione del principio della Federazione fatta nel Congresso di Pistoia, le gioie ed i dolori di uno solo dei nostri istituti sono davvero divenute le gioie ed i dolori comuni.” (Atti del 1 Congresso)
GLI ANNI DELLA FEDERAZIONE 1899 – 1947
La Confederazione, sotto il nome di “Federazione”, nacque nel 1899 a Pistoia ove si svolse il primo Congresso Nazionale delle Misericordie, cui aderirono 45 Confraternite.
In quella occasione fu nominato anche il primo Presidente nazionale nella persona del confratello Cesare Sardi di Lucca che con impegno e dedizione onorò l’incarico per oltre venti anni secondo la linea preannunciata nel suo intervento congressuale. (Il testo integrale è consultabile alla sezione “Documenti”)
Il secondo Congresso Nazionale ebbe luogo a Firenze nei giorni 27 e 28 maggio 1900, ospite dell’antica Misericordia fiorentina.
Dopo il Congresso di Firenze fu dato inizio alla pubblicazione di un “Bollettino delle Misericordie” che continuò ad uscire fino allo scoppio della guerra 1914-18.
“Cominciò ad uscire una volta ogni sei mesi. Ciascuno intende che non era possibile elaborare programmi, sviluppare iniziative, discutere problemi con un Bollettino che usciva due volte all’anno. Più che altro fu un’affermazione. E, forse, considerati i tempi non fu poco. In seguito cominciò ad uscire quattro volte all’anno, una volta ogni tre mesi, e qualcosa poté dire. Si faceva sempre più vivo il desiderio che il Bollettino uscisse una volta il mese. La questione fu dibattuta al Congresso delle Misericordie tenuto a Lucca nel 1906 e fu deciso che il Bollettino divenisse mensile. Giunto così alla sua maturità, il periodico visse per qualche anno una vita prospera, rigogliosa, feconda. E rigogliosa e feconda fu pure dal pure dal 1906 al 1911 l’opera del Magistrato Federale. Poi il Bollettino cominciò a declinare, a uscire saltuariamente, finché nel 1913 cessò la sua pubblicazione.” (Giuseppe Rigoli – Cronistoria della Federazione delle Misericordie – “La Fiamma”, 27 settembre 1953)
Durante il periodo bellico 1914-1918, le Misericordie associate alla Federazione svolsero nelle loro singole località un’intensa attività di assistenza e di soccorso, particolarmente dedita alle dolorose e gravi necessità di aiuto verso le popolazioni interne e verso i profughi.
“I fratelli giovani erano al fronte a compiere il loro dovere; i vecchi fratelli in prima linea sul fronte interno. Ciascuna Misericordia aveva nella sua città o nel suo paese un compito da espletare superiore alle proprie forze. Ciascuna Misericordia era completamente assorbita dal proprio ambiente. Lo stesso si dica dei componenti il Magistrato Federale. Ogni attività di detto Consiglio venne a poco a poco a mancare. I legami federativi si allentarono.Nell’immediato dopo guerra la Federazione esisteva solo di nome. Rallentati i vincoli federali, mancato il Bollettino, “ mancato questo vincolo di unione fra il Consiglio Federale e le Misericordie federate ( così scriveva il compianto maestro Don Stefano Baldini nel 1923); cessato questo mezzo di propaganda, di affratellamento, di reciproco scambio di idee fra le diverse confraternite, tutto andò illanguidendosi e nessun vantaggio, nessuna utilità le Misericordie Federate vennero più a ritrarre da quel patto federativo, che doveva essere la sacra fiamma che doveva suscitare nelle caritative associazioni i più nobili entusiasmi, le più benefiche iniziative in vantaggio dell’umanità sofferente”.(Giuseppe Rigoli – Cronistoria della Federazione delle Misericordie – “La Fiamma”, 27 settembre 1953)
Il primo Congresso dopo il termine della guerra si svolse a Prato nell’agosto del 1921.
“Erano a questo punto le cose quando il Comitato pro Misericordia di Prato (presieduto dal Cav. Alceste Bisori, validamente coadiuvato dall’indimenticabile Comm. Avv.Angiolo Badiani, dal Rag. Carlo Morganti, dal Sig. Dante Lastrucci attuale benemerito proposto della Misericordia di Prato e da altri) con gesto ardito convocò di sua iniziativa a Prato un Convegno delle Misericordie Toscane. Il Convegno ebbe luogo il 14 agosto 1921. Oltre cinquanta Misericordie risposero all’appello. A Presidente del Convegno fu acclamato l’On. Avv. Guido Donati della Misericordia di Firenze. Fu un successo. In questa straordinaria assise si ritemprarono gli spiriti, si riaccese la fiamma della federazione, si discussero iniziative e programmi che i mutati tempi assolutamente reclamavano. Si trattò insomma di far tornare a vita nuova la Federazione e il Bollettino.” (Giuseppe Rigoli – Cronistoria della Federazione delle Misericordie – “La Fiamma”, 27 settembre 1953)
Il “gesto ardito” della Misericordia di Prato non venne subito compreso e sollevò diversi malumori.
“Gli uomini che avevano assunto un tale compito si trovarono subito di fronte a difficoltà gravi e di svariata indole. Ma con l’aiuto di Dio seppero superarle. Messe a tacere le voci che parlavano di ribellione e, ironicamente, di scisma, si riunirono finalmente in Firenze il primo Luglio 1923 i vecchi componenti il Magistrato Federale. A questa adunanza tenuta a Firenze nella sede della Misericordia Madre, e quindi sotto i suoi auspici, parteciparono per speciale invito del comprensivo Vice – Presidente Geom.Iginio Materassi, anche alcuni capi delle Misericordie e dei Comitati Pro – Misericordia dissidenti. Era il ramoscello d’olivo accolto dai giovani con grato animo e filiale devozione. Affrontato pregiudicalmente il problema se la Federazione doveva o non doveva vivere fu deciso che dovesse vivere e vivere su nuove basi. Dopo di ciò, preso atto che il Comm. PiancastelliPresidente Federale del tempo, avesse rassegnate le dimissioni, fu fissata dai componenti il Magistrato la nuova riunione per il 2 settembre 1923 per procedere alla nomina del nuovo Presidente e del nuovo Consiglio. Inoltre (allo scopo di tracciare la via da seguire in futuro) si indicarono subito i temi da trattarsi e, seduta stante, furono nominati i relativi relatori.” (Giuseppe Rigoli – Cronistoria della Federazione delle Misericordie – “La Fiamma”, 27 settembre 1953)
delle attività della Federazione, dopo un lungo periodo di inattività, non poteva essere semplice ed indolore: si trattava di rilanciare su basi nuove e con uomini nuovi l’iniziativa di un movimento che stava riscoprendo la coscienza di se. Il momento di svolta fu la riunione del Magistrato Federale di Firenze del 2 settembre 1923.
“Alla data fissata fu nominato il nuovo Consiglio. Presidente della Federazione fu nominato l’On. Avv. Guido Donati della Misericordia di Firenze. Il suo nome era da solo un programma. Offriva tutte le migliori garanzie di successo. Nella stessa adunanza (dopo avere trattata la questione finanziaria) fu deliberato di nominare una Commissione di propaganda composta di medici, di professionisti, di tecnici, di oratori fratelli delle Misericordie; di tornare a pubblicare il Bollettino mensilmente; di procedere alla nomina di una Direzione centrale sanitaria allo scopo di dettare le norme per la costituzione, funzionamento e coordinamento di squadre di soccorso presso ogni Misericordia, in modo che, in caso di grandi pubbliche calamità regionali o nazionali, le Misericordie fossero pronte ad accorrere sui luoghi delle sciagure e del dolore con la massima sollecitudine e in piena efficienza di mezzi. Tale idea era stata più volte, in diversi Congressi, affacciata e discussa. Ma quando il terremoto devastò le ridenti regioni di Garfagnana e Lunigiana e le nostre Misericordie volarono con ammirabile rapidità sui luoghi colpiti a prodigare la loro opera di soccorso e di conforto, si comprese più che sempre quanto bene avrebbero potuto fare a vantaggio dell’umanità se fossero state coordinate in modo da poterle utilizzare unite in ogni evenienza. Però anche allora l’idea rimase allo stato di progetto. Dopo l’adunanza del 2 Settembre invece i progetti si realizzarono. A due mesi appena di distanza, e precisamente nel Novembre 1923 vide la luce in Prato il Bollettino delle Misericordie (Anno XII dalla sua fondazione) che venne pubblicato una volta al mese. E, alla fine del 1924 era già costituita la Squadra Federale.” (Giuseppe Rigoli – Cronistoria della Federazione delle Misericordie – “La Fiamma”, 27 settembre 1953)
Insieme al “Bollettino” fu proprio la “Squadra Federale” (quella che oggi chiameremmo “Protezione Civile” a dare il maggiore impulso alla coesione fra le Misericordie ed alla rinascita della Federazione.
“L’idea fu realizzata per particolare interessamento del benemerito Dott. Alfonso Carlesi col seguente semplice ordinamento. Senza ledere le prerogative, le caratteristiche, l’autonomia delle singole Misericordie, ogni Confraternita costituì e tenne in efficienza una squadra di fratelli, dei migliori per intelligenza, preparazione, abnegazione, pronti a partire alla prima chiamata nelle località colpite dalla desolazione: terremoto, alluvione, epidemia, ecc. La divisa dei fratelli – militi fu quella propria di ogni Misericordia: il distintivo della Misericordia e uno speciale bracciale comune a tutte le squadre servirono ad uniformare e riconoscere tutti gli appartenenti al Corpo federale. Alla costituzione delle singole squadre apposite presso ogni Misericordia faceva riscontro la istituzione di una Direzione tecnica in seno al Magistrato Federale detta Direzione di Soccorso, la quale aveva il compito di dirigere la efficienza delle singole squadre, di essere in grado di saperne continuamente la reale efficienza, di mobilitarle tutte o in parte a seconda della urgente necessità, mettendosi in immediato contatto con le autorità della regione e della località dove si fosse abbattuta la sciagura. Aderirono in un primo momento alla squadra 15 Consorelle fra le più importanti e meglio attrezzate, con la efficienza di 120 militi completamente equipaggiati, di cui molti infermieri, oltre a tre medici chirurgi, direttori di squadra e un medico chirurgo Direttore generale.” (Giuseppe Rigoli – Cronistoria della Federazione delle Misericordie – “La Fiamma”, 27 settembre 1953)
La funzione di collante fra le Misericordie, rappresentato dalla “Squadra Federale”, venne reso possibile dal fatto che i Fratelli, provenienti da diverse località e Confraternite, si trovarono a partecipare insieme alle attività “come movimento”. Questo spirito, che venne poi trasferito dai Fratelli nelle rispettive comunità, poté svilupparsi anche grazie alle “Manovre” (le odierne esercitazioni) organizzate dalla Federazione.
“Allo scopo di mettere a contatto le singole sezioni della squadra e per avere un saggio pratico dell’uniformità di movimenti e dell’unità di Comando la Federazione ordinò un raduno e una manovra su apposito tema (disastro per terremoto) da eseguirsi a Prato il 15 agosto 1925. Direttore Generale della manovra, anima di tutto, il Dott. Alfonso Carlesi. L’invito fu diramato anche alle Misericordie che non avevano data la loro adesione alla Squadra Federale. Si ripeté quanto avvenuto a Pistoia nell’89. Parteciparono alla manovra oltre 30 Misericordie. La magnifica Piazza Mercatale (dove affluirono da tutte le parti della Toscana e da Perugina gli automezzi, le squadre ciclistiche, gli attendamenti, gli ospedaletti da campo, i corpi pompieristici) offrì un panorama veramente superbo dell’attrezzatura sanitaria delle Misericordie. La modernità e praticità di tale attrezzatura, la potenzialità numerica dei mezzi di soccorso e della loro piena efficienza fu superiore ad ogni aspettativa. Lo spirito di abnegazione dei fratelli, la loro preparazione tecnica, la completa fusione delle squadre rifulsero in modo eccezionale. In verità fu una sorpresa per tutti. Le alte autorità civili e militari intervenute, gli stessi dirigenti delle Misericordie si trovarono di fronte ad una rivelazione di eccezionale importanza. Scopersero che la nostra Italia aveva, in materia di pronto soccorso, mezzi e forze formidabili, fino allora ignote. Tanto che il Presidente Federale On. Donati fu dalle stesse autorità civili e militari indotto a sottoporre una relazione del riuscitissimo esperimento pratico, allo stesso Sovrano. “Merito dei Dirigenti (disse l’On. Donati, parlando di ciò al Convegno di Pistoia del 1925) primo fra i quali il Dott. Carlesi”. E soggiunse “ La Squadra Federale basterebbe da sola come ragione d’essere della Federazione delle Misericordie”. (Giuseppe Rigoli – Cronistoria della Federazione delle Misericordie – “La Fiamma”, 27 settembre 1953)
Grande fu l’apporto da essa data in occasione dei gravi terremoti che negli anni seguenti colpirono la Garfagnana, il Mugello, la Lunigiana.
La Squadra Federale era formata normalmente da 15 Confraternite fra le più importanti e meglio attrezzate, e poteva contare su circa 200 fratelli completamente equipaggiati, oltre a medici ed infermieri.
L’Italia era, in quegli anni, agli albori delle iniziative di soccorso nelle calamità naturali, quelle iniziative che oggi vengono definite di protezione civile e che solo negli ultimi anni hanno visto un intervento diretto dello Stato.
Allora in questo settore esistevano soltanto l’esercito e le formazioni dei così detti “pompieri” non ancora raccolti in un corpo nazionale e presenti solo in alcune località.
Alcune squadre di pompieri tra l’altro erano nate proprio all’interno delle Misericordie, fra di esse ricordiamo in particolare quelle della Misericordia di Prato e di Viareggio.
La creazione della squadra confederale rappresentò senza dubbio un’importante anticipazione nel settore della protezione civile.
Un grave attentato all’autonomia ed al futuro stesso del movimento fu compiuto in epoca fascista.
Il regime fascista infatti, nel suo obiettivo di convogliare ogni forma di attività assistenziale nello Stato, approvò la nota legge per la quale furono sciolte le associazioni di volontariato prive di personalità giuridica e dispose la confisca delle loro attrezzature e del loro patrimonio a favore di una istituzione di soccorso statalizzata: la Croce Rossa Italiana.
“Ma quanto sia necessario che le Misericordie rimangano fra loro legate da saldi vincoli, in modo da formare anche nei momenti di ordinaria amministrazione, una sola e vera famiglia, si constatò nel decennio 1924 – 1934 quando a più riprese si cercò di riformare la legge 17 luglio 1890 N. 6972 riguardante le istituzione pubbliche di assistenza e beneficenza. Si credette che la riforma progettata col R. Decreto 30 dicembre 1923 N. 2848 volesse sottoporre alla vigilanza dello Stato anche le Misericordie. Si vociferava che la legge mirasse a soffocare lo spirito cattolico, religioso delle nostre confraternite; mirasse a privarle della loro autonomia e del loro patrimonio morale e materiale. Si riteneva che questo Decreto fosse comunque una spada di Damocle pendente sulle nostre Istituzioni potendo essere silurate o per “concentramento” o per “trasformazione”.L’allarme fu grandissimo, la reazione vivace, l’opposizione sentita, la critica al provvedimento legislativo pungente e spietata in ogni singola Misericordia. Ma le opposizioni e le critiche nascevano e finivano nel segreto della stretta cerchia dei fratelli. Critiche e opposizioni si facevano bisbigliando. Si manovrava nell’ombra e nella clandestinità con tutte le bravate e gli allarmi più o meno giustificati che suscitano le cose clandestine. Ciascuna Misericordia da sola (sia pure da sola potentissima) ebbe presto a convincersi che da sola nulla poteva fare contro un tale provvedimento. Le Misericordie isolate rimanevano altrettante voci isolate calmanti nel deserto. Unite insieme, avevano invece una voce che aumentava di tono e che bisognava ascoltare. È doveroso riconoscere che il Magistrato Federale fu, in tutto quel periodo, all’altezza del suo compito. Tenne una linea quanto mai ferma e dignitosa. E mentre nessun altro Ente similare ebbe fiato di opporsi e criticare, la nostra Federazione durante tutto il decennio disse apertamente e coraggiosamente la sua parola.” Il Presidente Donati mise subito in guardia i misericordiosi con una delle sue farsi sintetiche, equanimi, piene di buon senso e che avevano la sagacia di centrare le questioni più gravi: “niente braveggiare come non troppo di allarme”. (Giuseppe Rigoli – Cronistoria della Federazione delle Misericordie – “La Fiamma”, 27 settembre 1953)
Si creò così una situazione di grave e giustificato disagio per tutte le Misericordie, comprese quelle sottoposte al regime giuridico della cosiddetta “legge Crispi” sulle Istituzioni pubbliche di beneficenza ed assistenza, che fondatamente temettero l’applicazione a proprio danno delle speciali disposizioni della stessa legge che consentivano ai pubblici poteri di disporre il loro “concentramento” e addirittura la loro “trasformazione” in enti di natura e carattere diversi.
“Il Magistrato intanto lamentava apertamente l’eccessiva ingerenza dello Stato nella vita delle Fondazioni di beneficenza. Le Misericordie (affermava il nostro Bollettino) sono Enti che per la loro floridezza economica fanno invidia a tante amministrazioni pubbliche che pur funzionano sotto l’egida di innumerevoli controlli. Le Misericordie fanno il bene in mille campi, in mille modi e forme diverse; beneficano milioni di cittadini; racchiudono in se una somma portentosa di valori spirituali e nulla hanno mai chiesto e nulla chiedono allo Stato. Perché dovrebbero essere sottoposte dal Governo Nazionale a controlli e restrizioni che vincolerebbero la loro opera? “Ma che proprio il Governo non abbia altro da pensare (scriveva il nostro Presidente) che sopprimere – di fatto – istituti che vanno bene e che non chiedon nulla allo Stato per tutto il bene che fanno? “. In data 29 maggio 1924 lo stesso Magistrato votava unanime, in assoluta libertà, un’ordine del giorno dove fra l’altro si affermava che il decreto 30 Dicembre 1923 non era applicabile alle Istituzioni di Misericordia; che non poteva essere nel voto della legge né del Governo togliere alle Misericordie l’autonomia di cui godevano, col probabile risultato di disorganizzarle.Tale ordine del giorno ebbe larga risonanza sulla stampa italiana. Lo pubblicarono: L’Osservatore Romano, il Popolo d’Italia, Il Corriere d’Italia, La Nazione, ed altri quotidiani. Fu fatto arrivare – direttamente – in alto.” (Giuseppe Rigoli – Cronistoria della Federazione delle Misericordie – “La Fiamma”, 27 settembre 1953)
L’iniziativa del Governo venne vista dalle Misericordie, dunque, come un pericolo collettivo per tutto il movimento e la Federazione guidò una “ragionata opposizione”
“Notevoli articoli del nostro Presidente On. Donati pubblicati sull’argomento dal 1924 al 1926 sul Bollettino delle Misericordie e subito riprodotti dai più importanti periodici del tempo. In detti articoli si leggevano affermazioni di questo tenore: “In più modi ci si fa invito a formulare proposte di riforma. Secondo me la soluzione non può essere che quella dell’assoluto, automatico riconoscimento della personalità giuridica alle Opere pie d’ogni sorta”. “Non riforme piccine e restauri sul vecchio, destinati ad apportare maggiori complicazioni di congegno”. “Le soluzioni transitorie non hanno per noi valore decisivo; quello che importa è di mettersi sopra una via di fondamentali riforme”. “Le riforme non han da essere settarie. Non si deve far guerra al principio confessionale, come non intendiamo che se ne debba far condizione”.La lealtà, la competenza, la dignità, lo stesso chiaro linguaggio con cui fu affrontata la polemica, procurò alle Misericordie considerevoli simpatie in ogni campo. E nel Luglio 1924 accadde l’imprevisto.Un comunicato ufficioso dell’Agenzia Stefani informava che “ quanto alla recente riforma della legge sulle istituzioni pubbliche di beneficenza, il nuovo Ministro dell’Interno si riserva di riprendere in esame tutta la complessa materia, al fine di valutare l’opportunità di eventuali modificazioni, dirette ad assicurare, insieme col rispetto pieno ed assoluto delle finalità istituzionali delle singole opere pie, l’attuazione del concetto di alta vigilanza dello Stato su tutto quanto si attiene alla pubblica beneficenza.Frattanto perciò rimarrà sospesa (diceva il comunicato) ogni applicazione concreta degli ultimi provvedimenti adottati”.Si gridò alla vittoria delle Misericordie, e forse non a torto. Ma la lotta non nera finita, si trattava soltanto d’una tregua.” (Giuseppe Rigoli – Cronistoria della Federazione delle Misericordie – “La Fiamma”, 27 settembre 1953)
Paradossalmente la fermezza dell’opposizione della Federazione all’iniziativa del Governo, anziché rafforzarla, produsse un appannamento della sua immagine proprio all’interno del movimento. Ciò nonostante le iniziative federali di sviluppo del movimento proseguirono.
“Nell’aprile del 1925 fu annunziato ufficiosamente che il Ministro dell’Interno avrebbe presentato alla camera un nuovo disegno di legge sulle Opere pie. Questo disegno preparato dall’On. Federzoni tendeva, tra l’altro, a stabilire che in qualsiasi caso di riforma dovessero essere sentite le stesse amministrazioni delle Opere pie e dovessero essere invitati i corpi locali ad esprimere il loro parere. Notizie officiose, ripeto. Notizie laconiche. Si rimaneva nel vago. La Federazione non poteva rendersi conto se il nuovo disegno tendesse realmente ad eliminare gli inconvenienti insiti nel Decreto del dicembre 1923. Quindi, prima che la legge fosse varata la Federazione non esitò ad affrontare una campagna perché le Compagnie di Misericordia fossero lasciate libere. Il loro carattere, il loro ufficio esigeva che tali istituzioni operassero in piena libertà. Altrimenti (per usare un’espressione del Prof. Calisse) verrebbe ad esse contraddetta in più casi la ragione della stessa esistenza e tolto anche il modo di esercitare utilmente il proprio ufficio. Questa la tesi della Federazione. E quando arrivò (nel dicembre del 1925) a costituire in Firenze la Sezione Provinciale delle Opere di beneficenza presso la Federazione degli Enti Autarchici, presieduta dal Sen. Antonio Garbasso; quando fu posto il quesito se le nostre Associazioni dovessero dare o no la loro adesione a tale Ente; la nostra Federazione lasciò le singole associazioni libere di dare o meno la loro adesione, ma rivendicò il diritto di continuare ad esistere. Era doveroso rispettare la libertà dei singoli nostri istituti; era impossibile di segnare in materia tanto fluida una norma unica, era però doveroso far presente alle consorelle che se l’inquadramento negli Enti Autarchici era consigliabile agli effetti della vita ufficiale delle Associazioni era doveroso mantenere viva la Federazione sia perché corrispondente alle speciali caratteristiche spirituali e religiose delle Misericordie, sia perché il nostro vincolo oltrepassava di fatto i limiti della provincia; anzi della regione. Come si vede, fin da allora la nostra Federazione accennava a proiettarsi in più ampio spazio: l’Italia.Espandere in tutta l’Italia le Istituzioni di Misericordia fu sempre il sogno dei nostri fratelli giovani.” (Giuseppe Rigoli – Cronistoria della Federazione delle Misericordie – “La Fiamma”, 27 settembre 1953)
Fortunatamente il rischio fu evitato e le Misericordie mantennero per lo più lo stato di dipendenza e controllo delle attività imposto loro dalla legge Crispi del 1890 senza peraltro subire lo smantellamento a favore dell’erigendo ente della Croce Rossa Italiana.
Ma il pericolo davvero incombente per la Federazione stava maturando nelle sue file.
“Il 26 settembre 1926 si riunivano a Viareggio persone e simboli. Fu una giornata piovosa, ma tuttavia piena di luce, di tanta luce. Si videro realizzati fatti di lieto auspicio e di conforto. Era presente il Sovrano. Si poneva la prima pietra per l’edificio dell’Accademia navale. La Misericordia di Viareggio apriva nuovi locali per ricoverarvi quanti non avessero un letto dove riposare. Il Consiglio Federale delle Misericordie si riuniva a Congresso per esaminare la sua opera passata, per tracciare la sua attività futura. A sera, un interminabile corteo di nostre consorelle sfilò davanti a due fitte di ali di popolo plaudente. Fu, ripeto, una giornata meravigliosa. Il Consiglio constatò che la Federazione non poteva disporre di una somma maggiore di lire cinquemila annue (dico cinquemila) per estrinsecare le sue attività. Cinquemila lire erano poche anche allora. Erano addirittura insufficienti ai bisogni. Tuttavia nessuno sconforto. Anzi! Nella riunione fraterna si rafforzarono le volontà. Dominò lo spirito cristiano. Ma tale stato di grazia non continuò purtroppo a prevalere.” (Giuseppe Rigoli – Cronistoria della Federazione delle Misericordie – “La Fiamma”, 27 settembre 1953)
Era successo che, mentre il Presidente Donati guidava la Federazione nel confronto con il Governo a difesa della autonomia della Confraternite, queste ultime, forse poco fiduciose sugli esiti della iniziativa federale, avessero ricercato di guadagnarsi, per proprio conto, la benevolenza e la protezione dei rappresentanti del potere locale.
Questi “buoni rapporti”, allacciati nel momento della crisi, sopravvissero dopo il suo superamento.
Risolto positivamente il confronto col Governo centrale si diffuse la sensazione, anche in virtù dei buoni rapporti stabiliti localmente, di potersi ritenere definitivamente al sicuro e la funzione federale venne ritenuta “politicamente” meno importante (se non addirittura “rischiosa” tanto per la capacità che aveva dimostrato, con Donati, di potersi rappresentare con il Governo quanto per il timore di possibili ritorsioni di quest’ultimo).
Le Confraternite, dunque, tornarono a posare la loro attenzione sulle loro questioni interne lasciando la Federazione senza adeguati mezzi economici.
Ciò, assieme ad altri fattori, ne determinò il declino negli anni seguenti.
“Le nostre Istituzioni sono insuperabili, quando agiscono da sole. Sono impareggiabili nell’ambito della Confraternita. Ma quando si domanda ai nostri sodalizi di unire le loro forze, si attardano subitosi e quasi sempre (parlo di quei tempi) finiscono col disinteressarsi dell’organo federale. Non sono mai arrivati a comprendere che, dalle loro forze unite, si potrebbe ricavare una vera potenza morale e finanziaria, con evidenti vantaggi per ogni singolo sodalizio, con notevole vantaggio per l’umanità sofferente. Fu questa incomprensione che portò piano piano ad un decadimento della Federazione. Nel 1927 cessò la pubblicazione del Bollettino.L’11 febbraio 1929 avvenne il Concordato con la Santa Sede. Si veniva a conciliare ogni dissidio fra Stato e Chiesa; e poiché questa legge si occupava ampiamente delle Confraternite (pur non provvedendo per le Misericordie) venne di fatto a stroncare, nel nostro campo, ogni ragione di timore e di polemica. Neppure la grandiosa manovra della Squadra Federale fatta a Pisa nel Giugno del 1930 valse a risollevare le sorti della Federazione.” (Giuseppe Rigoli – Cronistoria della Federazione delle Misericordie – “La Fiamma”, 27 settembre 1953)
Il generoso entusiasmo dei Fratelli della Squadra Federale fu un messaggio che i responsabili delle Confraternite non riuscirono a cogliere e, se fu colto, ne risultarono intimorite.
Di lì a poco, con la morte di Guido Donati, svanì, per il momento, il suo sogno, espansivo, di un grande movimento nazionale.
“Per colmo di disgrazia il 2 dicembre 1930 moriva a Firenze il nostro amato Presidente Avv. Guido Donati. Era una perdita incolmabile. Il giorno del Suo trasporto, dinanzi alla sua casa in Via Pandolfini, si erano ammassati i rappresentanti di tutte le Misericordie d’Italia. Centinaia di fratelli della Misericordia di Firenze incappati assistevano ai funerali. Magistrati, avvocati, professionisti, autorità e popolo gremivano la via Pandolfini e le vie adiacenti per rendere omaggio al grande estinto. Dalla soglia della Sua casa e del Suo studio fu pronunziato dall’Avv. Renzo Carena l’elogio funebre con parole alate che strapparono lacrime a tutti i presenti. Fu un’apoteosi. Ma che vuoto nella nostra famiglia ! A seguito di tanta perdita si cercò da più parti di correre ai ripari. Vivo l’Avv. Donati, la Federazione, anche se non funzionante, non era morta. Era impersonata in Lui che godeva la stima e la simpatia di tutti; che sapeva dire sempre e al momento opportuno la parola giusta. Lui morto, anche la Federazione sembrò morire del tutto e si cercò di richiamarla in vita.” (Giuseppe Rigoli – Cronistoria della Federazione delle Misericordie – “La Fiamma”, 27 settembre 1953)
Dopo la morte del presidente Donati, avvenuta il 2 dicembre 1930, si svolse a Firenze, nel 1931, il Congresso Nazionale per la nomina del nuovo presidente.
Nel Congresso fu deciso di affidare la guida della Federazione ad un triumvirato composto dai confratelli Renato Macarini-Carmignani, Angelo Badiani e Paolo Guicciardini.
“Ma dov’era la persona che potesse sostituire un tanto Uomo, ed avesse l’autorità e il prestigio di adunare le fronde sparte? Riunitesi le Misericordie a Firenze nel 1931 presso la Misericordia Madre fu nominato un triumvirato al quale vennero affidate tutte le mansioni della Federazione. Furono eletti a farne parte: l’On. Renato Ma carini – Carmignani della Misericordia di Lucca, deputato al parlamento; il Grand’ uff. Avv. Angiolo Badiani della Misericordia di Prato, Preside della Provincia di Firenze e il Conte Paolo Guicciardini Provveditore della Misericordia di Firenze. Tali autorevoli e intelligenti persone. Profondamente attaccate alle nostre Istituzioni, alimentarono per oltre un decennio la fiamma della Federazione. Si adoperarono per darle una sistemazione giuridica definitiva; redassero un nuovo Statuto e curarono soprattutto il perfezionamento della Squadra Federale. Rimangono memorabili: 1) la manovra svoltasi il 4 –5 settembre 1933 a Viareggio; 2) la riunione della Squadra Federale a Firenze in piazza dell’Indipendenza nel maggio del 1934 in perfetta attrezzatura antigas. Presenziarono questa riunione numerose alte Autorità fra le quali il Generale Comandante di Corpo d’Armata in rappresentanza del Governo; 3) la manovra fatta a Pietrasanta nell’agosto del 1938 alla presenza di S. A. R. la Principessa Maria di Savoia. Furono tutte manifestazioni riuscitissime. L’attrezzamento della Squadra era divenuto imponente.magnifici i corpi pompieristici.” (Giuseppe Rigoli – Cronistoria della Federazione delle Misericordie – “La Fiamma”, 27 settembre 1953)
La scelta di procedere alla nomina di un Triumvirato al posto di un nuovo Presidente, aldilà della oggettiva difficoltà di sostituire un personalità carismatica come quella di Donati, consente alla Federazione di recuperare un “profilo più basso” nei confronti del potere politico, che nel frattempo si stava consolidando, rassicurando contemporaneamente quei settori del movimento che più avevano temuto le reazioni del confronto con il Governo di cui Donati si era fatto protagonista.
In mancanza di un Presidente che potesse assumere un ruolo carismatico, il Triumvirato si dedicò, comunque, a consolidare l’eredità ricevuta.
Seguirono altri Convegni ed altri interventi della Squadra Federale che nel frattempo non solo aveva costituito suoi settori in molte Misericordie, ma aveva anche creato dei propri “corpi pompieristici” sull’esperienza di quanto già realizzato da alcune Confraternite negli anni precedenti. Grazie a queste realizzazioni essa costituiva in quel momento una delle più forti organizzazioni di soccorso a carattere nazionale esistenti nel paese.
La scelta del Triumvirato di mantenere in efficienza la Squadra Federale si rivelò provvidenziale perché consentì di non disperdere le esperienze personali ed organizzative che sarebbero dimostrate indispensabili di lì a poco con l’entrata in guerra.
Lo scoppio del secondo gravissimo conflitto mondiale ridusse l’attività della Federazione in comprensibili limiti.
Le Misericordie, nelle loro varie sedi, svolsero un’attività di soccorso oltremodo intensa, assistendo le popolazioni nelle più svariate forme ed intervenendo per il salvataggio di sinistrati e feriti talvolta anche sotto l’imperversare dei bombardamenti.
Non pochi furono i confratelli che eroicamente sacrificarono la vita durante i bombardamenti o in altri tristi episodi di guerra cercando di prestare il soccorso ai feriti ed ai bisognosi.
“Poi ….venne la guerra. Se le nostre Misericordie ( e più particolarmente la Misericordia di Firenze) si trovarono negli anni di guerra pronte ad accorrere durante i bombardamenti delle nostre città, sui luoghi disastrati con tanta sollecitudine, con tanto ordine, con tanta efficienza, effettuando servizi d’ogni genere e salvamenti che ebbero dell’eroico e del miracoloso, si deve alle Squadre di pronto soccorso che ogni Misericordia ormai possedeva ben attrezzate, allenate, logisticamente dislocate e appositamente istruite per l’impiego nei grandi disastri.” (Giuseppe Rigoli – Cronistoria della Federazione delle Misericordie – “La Fiamma”, 27 settembre 1953)
Le truppe tedesche al momento della loro ritirata dal suolo italiano depredarono massicciamente la quasi totalità delle sedi delle nostre Misericordie, asportando masserizie, attrezzature sanitarie, autoambulanze, cosicché nel 1945, alla ripresa della vita normale, la generalità delle nostre confraternite si trovò nella dolorosa situazione di dover ricominciare.
Chiusasi la tragedia bellica la Federazione si pose immediatamente a costituire le condizioni della ripresa ponendo per prima cosa in discussione se stessa ponendo le premesse per la sua trasformazione in Confederazione
IL SECONDO DOPOGUERRA (LA CONFEDERAZIONE)
La Confederazione venne formalmente costituita l’8 gennaio 1947 sostituendo il vecchio ordinamento “federativo” che non sembrò allora più adatto a fronteggiare le esigenze ereditate dal secondo conflitto bellico.
Le truppe tedesche al momento della loro ritirata dal suolo italiano avevano depredatomassicciamente la quasi totalità delle sedi delle nostre Misericordie, asportando masserizie, attrezzature sanitarie, autoambulanze, cosicché nel 1945, alla ripresa della vita normale, la generalità delle nostre fraternite si era trovata nella dolorosa situazione di dover ricominciare.
Chiusasi la tragedia bellica la Federazione si pose immediatamente a costituire le premesse della ripresa.
Si organizzarono convegni a Pescia ed a Pisa. A Firenze si tenne un Congresso Nazionale l’8 gennaio 1947 nel quale, approvando il testo del nuovo statuto, furono allargati i compiti dell’ente federativo al quale fu dato un carattere esplicitamente nazionale.
In tale Congresso fu eletto presidente nazionale onorario il confratello Angelo Badiani e presidente nazionale effettivo il confratello Roberto Crema
“La guerra del 1940 – 44 strappò ogni legame federativo. Ma nel Settembre del 1946 Pescia, iniziando la ricostruzione della sua Misericordia inaugurò una nuova autoambulanza e chiamò a raccolta le consorelle che accorsero numerose da ogni parte. I fratelli si ritrovarono. Il ritrovarsi dopo tante sciagure, infiammò gli animi di santo entusiasmo. E fu Pisa, questa volta vennero gettate le prime basi per la ripresa dell’attività federativa. Si pensò ad una organizzazione a carattere provinciale. E per ogni Provincia sorse un Ente chiamato “Aggregazione”. Non mancava che un anello congiungente queste “Aggregazioni” per richiamare in vita l’antico organismo. Ed ecco l’8 gennaio 1947 furono convocate a Firenze presso la Misericordia Madre tutte le Confraternite toscane. L’assemblea fu presieduta dal compianto Avv. Angiolo Badiani di Prato. Approvato lo Statuto già predisposta dal Triunvirato; preso atto di quanto era stato fatto a Pisa; si deliberò che le “ Aggregazioni” restassero in vita. E ciò in vista del particolare momento e dei necessari e tempestivi collegamenti e rapporti con le Autorità provinciali. Fu peraltro deciso di dare alle “Aggregazioni” il nome di “Federazione”, e di conseguenza di chiamare “Confederazione” la vecchia “Federazione”, cui le Federazioni provinciali rimanevano logicamente subordinate.Presidente Onorario della Federazione fu acclamato l’Avv. Angiolo Badiani tanto benemerito delle nostre Misericordie. Presidente effettivo il Comm. Roberto Crema.” (Giuseppe Rigoli – Cronistoria della Federazione delle Misericordie – “La Fiamma”, 27 settembre 1953)
Nel 1947 alla Confederazione venne affidato il compito di approfondire i problemi di carattere generale del movimento, rendendosene portatrice ed interprete in ogni sede e particolarmente presso i pubblici poteri: Governo e Parlamento.
La struttura della neonata Confederazione era, per ovvi motivi, estremamente ridotta ed i responsabili, compreso il Presidente, dovettero occuparsi, personalmente ed in spirito di vero servizio, anche delle cose più minute.
Ciò non di meno dalla Sede Confederale di Piazza San Giovanni, che occupava il piano superiore di quella che era stata, secoli addietro, la prima sede della Prima Misericordia (oggi Palazzetto del Bigallo), si cominciarono a tessere nuovamente i rapporti con le Confraternite che, faticosamente, cercavano di risorgere dalle vicissitudini belliche.
L’entusiasmo e la “percezione fisica” dell’eredità ricevuta, data dal luogo fortemente evocativo che la ospitava, spinse la Confederazione, nonostante la ristrettezza dei mezzi, a moltiplicare i suoi sforzi , dando inizio ad una più larga forma di attività, che non fu limitata, come in passato, al solo coordinamento fra Misericordie, ma assunse, con il tempo, la necessaria e più impegnativa funzione di estendere in tutta Italia il generoso movimento spirituale ed organizzativo.
“Nel clima della restaurata libertà della nostra Patria che permette finalmente ai cittadini di buona volontà di dedicarsi con slancio alle opere di bene, non potevano non intensificare la loro attività le secolari Misericordie, fedeli sempre agli altissimi ed inestinguibili principi cristiani. Si direbbe che vicissitudini del tempo e delle epoche, anziché logorare le gloriose istituzioni, servano a rinvigorirle, quasi a riportarle continuamente a nuova vita e genuina freschezza di sentimenti e di nobili altruismi, mentre si adattano a quanto le circostanze e gli incensanti progressi apportano per una migliore organizzazione, anche dal lato puramente tecnico, degli aiuti e dei soccorsi privati e pubblici.”(Roberto Crema – Lettera alle Misericordie del 4 gennaio 1951)
Da allora presero avvio una serie di Congressi Nazionali e la Presidenza confederale instaurò un sistema di frequenti visite presso le singole confraternite erogando inoltre aiuti concreti a quelle maggiormente in difficoltà.
In particolare grande fu l’impegno di tutte le Misericordie per ricostruire il parco macchine distrutto dalla guerra.
In quegli anni, difficili ma ricchi di solidarietà e desiderio di libertà, numerose nuove Misericordie nacquero in varie parti d’Italia.
Non poteva mancare, nello sforzo di ricostituire l’organizzazione del movimento, il tentativo di dare nuova vita a quella che era stata la Squadra Federale.
“Orbene, queste forze di soccorso pronte ad accorrere volontariamente per un supremo ideale di carità ovunque si abbatta la sventura, queste forze è giusto richiamarle per dare alla società presente esempio di amore in contrapposto al dominante odio non ancora estinto negli animi dopo le recenti patrie sventure. La Squadra Federale ebbe un regolamento disciplinare ottimo ed elogiato dalle superiori Autorità e ne fu organizzatore colui che ebbe la nomina di Direttore Generale fino dal principio: il Comm. Dott. Alfonso Carlesi, decorato di medaglia al valore militare e di benemerenza della salute Pubblica. A Lui intendo affidare l’incarico della ricostituzione della Benemerita Squadra per riaverla quanto prima nella piena efficienza.” (Roberto Crema – Lettera alle Misericordie del 4 gennaio 1951)
Purtroppo, nonostante l’entusiasmo del Presidente Crema e del confratello Carlesi, il tentativo, alla prima prova sul campo, non dette i risultati nella dimensione sperata. Il 13 novembre 1951 il fiume Po ruppe gli argini e dette origine ad uno dei maggiori disastri del dopo guerra inondando il Polesine. La Confederazione organizzò immediatamente una raccolta di aiuti alla quale corrisposero munifiche donazioni da parte di Confraternite e Fratelli. La raccolta, davvero cospicua, mancando al momento alternative, venne inviata alle popolazioni colpite per il tramite della Croce Rossa Italiana. La vicenda aveva dimostrato che per il momento le Misericordie, occupate nella loro ricostituzione interna, non erano in grado di spingersi oltre la raccolta deli aiuti umanitari, sia pure imponente.
La questione viene affrontata nuovamente dal Presidente Crema due anni dopo, in due riprese, in occasione della “Giornata della Misericordia”, che viene celebrata in Palazzo Vecchio a Firenze il 26 aprile 1953, ed il 27 settembre 1953 dove il tema è oggetto di discussione in occasione del Raduno Interprovinciale di Carmignano. Lentamente, con il risolversi dei problemi causati dall’evento bellico ancora recente, iniziano a costituirsi presso le Confraternite le “Commissioni Servizi di Emergenza” che cercano di rinnovare localmente le esperienze dei gruppi che formavano la “Squadra Federale”, ma manca ancora un organismo nazionale che le coordini in modo specifico.
Nel 1962 il Presidente Nazionale Crema perì in un incidente aereo lasciando un triste vuoto nei suoi collaboratori.
A lui successe nell’incarico di Presidente il confratello Alfredo Merlini che guidò la Confederazione fino al 1985.
Nel 1963 la Confederazione Nazionale prende atto dell’ampio movimento nel settore della donazione del sangue che, partendo dalle esperienze maturate per prime nelle Misericordie di Empoli e di Rifredi sin dal 1950, richiede una specifica attenzione da parte della organizzazione. Il 19 giugno 1971 nasce a Lucca la Consociazione Nazionale dei Gruppi Donatori di Sangue “Fratres” delle Misericordie d’Italia.
Gli anni che seguono vedono la Confederazione scossa da fortissime tensioni interne a cui si aggiungono quelle fra la stessa Confederazione e lo Stato causate dalla nuova legislazione nazionale.
Il Presidente Merlini, sul fronte interno, si trova così a dover fronteggiare un movimento centrifugo di cui avverte tutta la gravità.
Con una lettera datata 30 dicembre 1970 la Confraternita della Misericordia di Castelfranco di Sopra annuncia il proprio distacco dalla Confederazione Nazionale adducendo motivi di interesse locale ed invita le altre Confraternite toscane ad indire una assemblea presso la Misericordia di Firenze.
Merlini non sottovaluta la reale portata dell’iniziativa, a cui aderisce immediatamente la Misericordia di Arezzo, ed invia alle Confraternite un proprio documento con il quale difende la ragione dell’unità del movimento.
La Misericordia di Livorno si dice contraria ad iniziative che nascano al di fuori degli organi confederali mentre l’8 febbario 1971 il Preposto della Arciconfraternita della Misericordia di Prato arriva a scrivere direttamente al Provveditore della Venerabile Arciconfraternita della Misericordia di Firenze “non possiamo esimerci dal considerare che un indebolimento della nostra Confederazione Nazionale rappresenterebbe sicuramente un grave danno per tutti. Per quanto riguarda quindi l’organizzazione della richiesta riunione, ci permettiamo un consiglio fraterno, che forse è superfluo, e cioè che la Misericordia di Firenze non si presti ad una manovra tanto inopportuna ed ad un tentativo così autolesionista.” (Silvano Bambagioni – Lettera al Provveditore Mori del 8 febbraio 1971)
La lettera di Bambagioni ottiene come risultato la sospensione della proposta di “auto-convocazione”, ma non stempera la tensione che si palesa dalla fitta corrispondenza che intercorre fra il Presidente Merlini ed il Provveditore della Venerabile Arciconfraternita della Misericordia di Firenze, Mori.
Proprio quest’ultimo nè da conto con una lettera inviata “a tutti i Governatori delle MIsericordie” in data 29 marzo 1972 allo scopo di ” assolvere il dovere di informazione circa lo stato dei rapporti fra la Confederazione e questa Misericordia” (Arnolfo Mori – Lettera ai Governatori di tutte le Misericordie del 29 marzo 1972)
Ciò che è in gioco, come aveva intuito il Presidente Merlini sin dalla prima lettera di recesso del 30 settembre 1970, è la rappresentanza della Confederazione Nazionale a cui si contesta il potere di intervenire, a nome di tutte le Misericordie, nei rapporti con la pubblica amministrazione.
“Ho letto nella circolare n 20/491, con una certa meraviglia, dell’intervento del Presidente Confederale presso gli organi superiori della Regione e non posso fare a meno di disapprovare tale iniziativa. Debbo altresì precisare che, per quanto mi risulta, nessuna Misericordia ha per ora autorizzato la Confederazione a rappresentarla presso la Regione e tanto meno l’Arciconfraternita fiorentina. Concludendo, qualora l’iniziativa in parola venga attuata, sarò costretto a presentare le dimissioni della Misericordia di Firenze dalla Confederazione.”(Arnolfo Mori – Lettera al Presidente Merlini del 28 marzo 1972)
Sul fronte esterno il Presidente Merlini deve fronteggiare la sfida non meno temibile rappresentata dalla riforma ospedaliera e dalla nascita delle Unità Sanitarie Locali.
Il Presidente Merlini si muove con decisione su due fronti: da un lato si rende conto che, per evitare la dissoluzione del movimento, è necessario uniformare lo status giuridico delle Confraternite che in quegli anni avevano ancora una estrema varietà che andava dalla “associazione di fatto” alla “I.P.A.B.”; dall’altro, pur comprendendo la ineluttabilità delle scelte del Governo, sviluppa una fitta serie di relazioni e di contatti con le altre organizzazioni rappresentative dell’associazionismo cristiano.
Il 13 febbraio 1972 organizza presso la Misericordia di Pistoia un “Convegno Nazionale dei Governatori” con lo scopo di definire una strategia comune in difesa dei sodalizi. A partire da una nuova legislazione specifica per il volontariato.
“Il Presidente Nazionale – in introduzione su tutti gli argomenti sottoindicati – ha innanzi tutto richiamato l’attenzione dei Governatori sulla circostanza che nessuna delle forme di personalità giuridica conseguibile, secondo la legislazione vigente, dalle Misericordie ( e cioè: a) riconoscimento giuridico come ente pubblico secondo la legge 1890; b) riconoscimento giuridico come associazioni del settore dell’assistenza privata secondo l’art. 12 del c.c. e l’art. 38, ultimo capoverso della Carta Costituzionale; c) trasformazione delle nostre Misericordie in enti ecclesiastici governati dal diritto canonico) è in grado di appagare e garantire completamente le particolari esigenze relative alla fisionomia, alla tutela e valorizzazione delle istituzioni del volontariato (e quindi nemmeno delle nostre Misericordie che di tale settore fanno parte).
Il Presidente Nazionale ha quindi vivamente auspicato che il Parlamento (Camera e Senato) esaminino e approvino con la necessaria urgenza il disegno di legge redatto per iniziativa della nostra Confederazione nei Convegni Nazionali delle Misericordie d’Italia di Roma (1969) e di Livorno (1970) secondo il testo redatto dallo stesso Presidente Nazionale e autorevolissimamente illustrato nei detti Convegni Nazionali dall’On. Roberto Lucifredi e dalla On. Maria Eletta Martini.
Soltanto la emanazione di tale nuova legge sarà in grado di dare alle libere associazioni del soccorso il loro adeguato riconoscimento giuridico, la loro valorizzazione e la loro tutela.
Il disegno di legge in parola è stato presentato alla Camera in data 25 maggio 1971 con il 3413 e la Confederazione farà quanto possibile per sollecitare al Parlamento la messa in discussione e la conseguente approvazione.
Il Convegno approvati i concetti come sopra espressi dal Presidente Nazionale formula un nuovo vivo ringraziamento all’on. Lucifredi, all’on. Maria Eletta Martini e allo stesso Presidente Confederale che en ha redatto il testo e rivolge invito a tutti i parlamentari, ai quali stanno a cuore le sorti delle libere associazioni del volontariato (e particolarmente ai parlamentari di ispirazione cristiana) affinché svolgano il loro più energico e urgente interessamento presso le Presidenze delle due Camere onde il disegno di legge in parola sia rapidamente discusso ed approvato.”(Rigoletto Pugi – Alfredo Merlini – Comunicazione a tutti i Governatori del 14 febbraio 1972)
Il Presidente Merlini conosce bene il rischio per le Confraternite rappresentato dalla “statalizzazione” delle loro attività e vi si scaglia contro.
” Il settore della carità cristiana è sottoposto, da qualche anno, ad una vasta offensiva laicizzatrice, accentratrice e stabilizzatrice, secondo un programma di evidente carattere antireligioso: si mira a togliere il volto cristiano alla carità, alle opere e alle istituzioni dei cattolici nella carità.
Il mondo cattolico purtroppo è rimasto pressoché insensibile di fronte a così grave azione scristianizzatrice, della quale non è ben compresa l’essenziale portata.” (Alfredo Merlini – La Parola – 5 dicembre 1971)
“Il tentativo di ingerenza dello Stato e dei pubblici poteri sopra le libere associazioni caritative del mondo cattolico italiano è stato ripreso e ingigantito soprattutto in questi ultimi anni, perché si è mirato (e si mira) non solo a inquadrare, ma addirittura a trasformare le istituzioni caritative cristiane in enti nuovi e diversi, privi delle loro caratteristiche fisionomie cristiane e tali da operare quali strumenti del pubblico potere (Stato; Regioni; Comuni).”(Alfredo Merlini – La Parola – 5 dicembre 1971)
L’azione promossa dal Presidente Merlini se non riuscì del tutto a bloccare l’iniziativa del Governo, riuscì però nell’intento di dimostrare la necessità di una Confederazione forte e capace di confrontarsi a viso aperto con la politica.
Nel corso di questi anni le Commissioni Servizi di Emergenza e le Confraternite intervengono sul suolo nazionale ovunque vi sia necessità e dolore, ma è il terremoto che colpisce il Friuli il 6 maggio 1976 a proporre, nuovamente, l’esigenza di un coordinamento nazionale sottoposto all’autorità della Confederazione.
Nel 1978 il Gen. Guiducci propone, e la Confederazione approva, un nuovo regolamento per le squadre delle Misericordie da impiegarsi in occasione delle “grandi emergenze” (quelle che oggi chiamiamo emergenze di massa) dando vita alla “Organizzazione Servizi di Emergenza (O.S.E.)” e trasformando le preesistenti “commissoni”, dal sapore vagamente amministrativo, in “gruppi” che appaiono, concettualmente, già indirizzati all’azione.
Il 23 novembre 1980 si verificò un disastroso terremoto nell’Irpinia.
Le Misericordie, avvertite dai mezzi di informazione e dallo spontaneo “passa parola” accorsero immediatamente, ognuna portando quel po’ di aiuto che i mezzi e le condizioni le permettevano.
La mobilitazione fu imponente destando ammirazione nelle autorità e meraviglia nelle popolazioni colpite che, incredule, per la prima volta prendevano contatto con il “volontariato” in generale e le Misericordie in particolare.
L’esempio dei Fratelli fu tale che di lì a poco anche nella Campania poté germogliare il seme delle Misericordie.
Quell’esperienza dimostrò che i tempi erano maturi per riprendere, con rinnovato entusiasmo, la via dell’organizzazione nazionale di una struttura in grado di raccogliere concretamente l’eredità della Squadra Federale degli esordi.
Nel 1982 in Piazza Signoria a Firenze vengono schierati i mezzi della “Colonna delle Misericordie” organizzata dall’O.S.E. che fa sperare nella definitiva ricostituzione dell’erede della gloriosa “Squadra Federale”.
Nel 1985 ad Alfredo Merlini successe Francesco Giannelli, confratello e capo di guardia della Misericordia di Firenze.
Il 14 giugno 1986 circa 10.000 fratelli delle Misericordie italiane vennero ricevuti in udienza dal Santo Padre.
Nell’aula “Paolo VI”, gremitissima, Giovanni Paolo II tracciò una svolta nella vita del movimento, indicando con chiarezza la via della carità che le Misericordie dovevano far propria: “ecco la consegna che vi affido… siate i promotori e fautori della civiltà dell’amore, siate testimoni infaticabili della cultura della carità”.
Queste parole costituirono per le Misericordie una vera e propria svolta.
L’accorata esortazione del Papa a testimoniare con i servizi di carità l’impegno per la costruzione di un nuovo modello di civiltà basato sulla solidarietà, sulla pace, sulla condivisione, divenne da allora un concreto riferimento per tutto il movimento che si tradusse in una nuova vitalità ed in nuove iniziative.
Nel 1989 la Confederazione diede vita alla pubblicazione di una nuova rivista mensile cui fu dato il nome, ricco di significato, di Civiltà dell’Amore.
Nel 1990 il movimento FRATRES assume uno status giuridico autonomo costituendosi in associazione a sé stante, seppure collegata alla Confederazione, con la denominazione di “Consociazione Nazionale Fratres delle Misericordie d’Italia”.
Nel 1991, nel tentativo di ridare nuovo vigore alla struttura nazionale di protezione civile viene avviato il progetto U.S.P.I.M. , ideato dal Dr. Carmelo Scarcella, con l’intento di formare una unità operativa confederale, partecipata da singoli confratelli provenienti da varie parti d’Italia, caratterizzata dalla rapidità di intervento e da una altissima specializzazione.
Nel novembre 1992 le Misericordie si riunirono, per la prima volta nella loro storia, in Convegno Mondiale a Firenze con la partecipazione di oltre 200 delegati provenienti da tutti i continenti in rappresentanza di circa 40 Paesi.
Il frutto più importante del convegno fu l’impegno alla costituzione dell’Unione Europea delle Misericordie che trovò concordi sul progetto i rappresentanti delle Misericordie d’Italia, Portogallo, Spagna, Francia, Principato di Monaco, Armenia, Bielorussia, Georgia, Lituania, Moldavia, Russia, Ucraina.
Il 14 novembre 1992 il Papa salutando affettuosamente i fratelli della Misericordia ricordò come “Si può ben dire che in tutti i continenti le Misericordie costituiscono un pacifico esercito di promotori e fautori della civiltà dell’Amore, testimoni infaticabili della cultura della carità”.
Il Papa confermando l’esortazione a “testimoniare la presenza provvidente di Dio”, si congedò lanciando un’ulteriore invito all’impegno di fraternità: “Benedica, la Vergine Santa, – disse Giovanni Paolo II – anche gli sforzi da voi condotti per far sì che attraverso interventi programmati in accordo con Organismi e Misericordie di altre confessioni religiose cresca la reciproca stima tra credenti, così che tra gli uomini di buona volontà si affretti l’avvento dell’autentica civiltà dell’Amore”.
Da questa esortazione la Confederazione assunse l’impegno a sviluppare in spirito di carità i contatti, le collaborazioni, i rapporti con i fratelli di diversa fede ed in particolare con i fratelli musulmani presenti in Italia e nei loro paesi d’origine.
Questo sforzo portò due importanti frutti: nel gennaio del 1993 le Misericordie insieme ad una organizzazione caritativa di fede islamica (la Human Appeal International) organizzarono due colonne di aiuti per le popolazioni musulmane duramente colpite dalla guerra civile in corso nei territori della ex-Jugoslavia.
Ai primi di luglio del 1994 si tenne a Firenze il 1° Seminario Cristiano-Islamico incentrato sull’analisi di tre aree di crisi: il Sudan in piena guerra civile e prostrato dalla difficile convivenza tra cristiani, musulmani e animisti, l’Irak-Kuwait affrontando in primo luogo il problema di rilascio di 1000 cittadini kuwaitiani allora detenuti nelle carceri irachene, ed infine il Caucaso dilaniato dalla guerra civile. Il convegno terminò con un momento di grande spiritualità che vide riuniti, cattolici, ortodossi, musulmani in un unica preghiera di aiuto e speranza in Dio misericordioso.
Facendo tesoro dell’esperienza vissuta dalle Confraternite in occasione dell’alluvione che aveva colpito il Piemonte nell’autunno precedente, nel corso della Assemblea di Livorno del 1995 viene costituito l’U.G.E.M. (Ufficio Gestione Emergenze di Massa)a cui, attraverso uno specifico Regolamento, viene affidato il compito di riorganizzare le attività di protezione civile della Confederazione.Ne viene nominato Direttore il Dr. Carmelo Scarcella a cui succede, l’anno successivo il confratello Andrea Cavaciocchi.
La Confederazione, grazie alla nuova struttura, interviene in occasione della Alluvione in Versilia (1996) e nel Terremoto Umbria Marche (1997).
Nel 1997, proseguendo la grande attenzione per la comunicazione inaugurata dalla rivista confederale “Civiltà dell’Amore”, la Confederazione mette in linea il suo sito web che viene gestito on proprio con l’ausilio di volontari.
Intanto arriva a compimento l’opera di “unificazione” dell’immagine delle Misericordie, fortemente voluta da Giannelli, con l’adozione della divisa nazionale giallo-ciano.
A Montecatini Terme il 22 marzo 1998 si tiene l’Assemblea Straordinaria che modifica lo Statuto Confederale adattandolo ad una realtà ormai diffusasi su tutto il territorio nazionale. Con l’occasione viene introdotta l’elezione in Assemblea del Presidente Nazionale.
Nell’autunno dello stesso anno l‘Assemblea, tenuta ad Assisi, riconferma plebiscitariamente Francesco Giannelli quale Presidente confederale.
Il Consiglio Nazionale che esce dalla Assemblea vede rinnovarsi oltre il cinquanta per cento dei suoi membri, molti dei quali hanno avuto modo di mettersi in luce, presso i Governatori, durante le operazioni di protezione civile degli anni precedenti.
Ciò provoca una serie di vivaci malumori, alimentati da chi crede di scorgervi un “colpo di mano” architettato dall’U.G.E.M..
All’empasse istituzionale, che segue alla polemica, si sommano una serie di pressioni sul Presidente che dopo soli due mesi dalla sua elezione plebiscitaria viene costretto a dimettersi.
Gli succede nella normale amministrazione il Vicepresidente Enzo Fani.
Le improvvise dimissioni di Giannelli anziché stemperare le polemiche ne alimentano di nuove.
Nel febbraio 1999 il Direttore dell’U.G.E.M. Andrea Cavaciocchi si dimette e l’incarico viene affidato al Responsabile del Pronto Impiego Enrico Luchi.
Di lì a poco esplode la guerra in Kossowo e la Confederazione, attraverso l’U.G.E.M., è chiamata ad intervenire a sostegno dei profughi impiantando un campo di accoglienza a Rrushbull in Albania ed organizzando numerosi centri di raccolta di aiuti alimentari e materiali in varie zone d’Italia, il più grande dei quali viene installato a Bari.
La partecipazione delle Confraternite è, come sempre, cospicua e generosa, tanto da consentire la pressoché autosufficienza del campo in Albania che arriva ad assistere oltre 5000 profughi al giorno.
Le operazioni in Albania vengono coordinate dal Dipartimento della Protezione Civile sotto il nome di “Missione Arcobaleno”.
La mobilitazione popolare nazionale è così ampia da diventare un fenomeno sul quale politica ed informazione mettono gli occhi.
Nel settembre 1999 il settimanale “Panorama” pubblica una serie di articoli fortemente critici sulla gestione della “Missione Arcobaleno”.
Il Dirigente Responsabile per le Misericordie, Andrea Cavaciocchi, in una intervista sul settimanale, prende le distanze dalle inefficienze pubbliche della “Missione” rivendicando al movimento il merito della pressoché autonoma gestione del campo di Rrushbull.
Ciò provoca una violenta reazione da parte del Sottosegretario alla Protezione Civile, prof.Franco Barberi, che, di lì a pochi giorni, nel corso del Convegno dell’U.G.E.M. ad Assisi arriva a chiedere l’assunzione di provvedimenti disciplinari a carico del Dirigente Responsabile Cavaciocchi.
Il fatto crea molta impressione nel movimento che gli esiti delle successive indagini della Magistratura a carico dello stesso Prof. Barberi, del personale del Dipartimento e di funzionari dello Stato non riusciranno del tutto a dissipare.
In un clima fortemente alterato si arriva così alla Assemblea di Pistoia, sul finire del mese di settembre del 1999, dalla quale risulta eletto PresidenteGianfranco Gambelli,Governatore della Misericordia di Castelfiorentino, che si presenta con un programma ambizioso:”Rifondare le Misericordie”.
I mesi successivi vedono ricostituirsi gli organi mettendo fine all’empasse istituzionale determinata dalle dimissioni di Giannelli.
Il 2000 è l’anno del Grande Giubileo che vede le Misericordie impegnate su vari fronti.
Memorabile il raduno delle Misericordie in Piazza San Pietro e l’attività di assistenza ai pellegrini assicurata dalle Confraternite e dall’U.G.E.M. in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù a Torvergata (Roma).
Il 26 giugno 2000 la Confederazione costituisce, come socio unico, una Società a Responsabilità Limitata denominata “Millennium Service” con lo scopo di fornire servizi alle Confraternite: ne diventa Presidente lo stesso Presidente nazionale Gambelli, mentre entrano a far parte del Consiglio di Amministrazione i Consiglieri di Presidenza Alberto Corsinovi ed Emilio Capriolo oltre ai confratelli Riccardo Fantacci ed Enrico Luchi, quest’ultimo con le funzioni di Amministratore Delegato. Fra i primi atti compiuti dalla nuova società vi è quello di rilevare, gestendole in proprio, tutte le iniziative editoriali della Confederazione mettendo fine ufficialmente alla pubblicazione della rivista “Civiltà dell’Amore”.
L’8 gennaio 2001 la gestione del sito web confederale passa dalle mani dei volontari sotto il controllo della Società seguendo la sorte della rivista “Civiltà dell’Amore” che aveva già da tempo sospeso le pubblicazioni.
In sostituzione viene dato vita alla rivista “Misericordie d’Italia” che la “Millennium Service” distribuisce come allegato ad una pubblicazione di un società editrice privata con la quale ha stretto un accordo commerciale.
Il 26 ottobre 2001, nel corso dell’Assemblea Nazionale che si tiene a Bologna, viene proposta la modifica dello Statuto, ma non vi si procede per mancanza del numero legale. L’Assemblea è comunque l’occasione per vivificare l’entusiasmo delle Confraternite ed il Presidente può dichiarare la sua ampia soddisfazione per i risultati ottenuti dalla “Millennium Service” nel suo primo anno di attività annunciando, al contempo, la creazione di un nuovo network informatico che avrebbe sostituito il vecchio sito internet ormai in disuso da quasi due anni.
Con questi presupposti fiduciosi, il 2002 è l’anno nel quale cominciano a manifestarsi con maggiore incisività le novità annunciate dalla presidenza.
Nel frattempo il Direttore dell’U.G.E.M., confratello Enrico Luchi, nel corso della Conferenza della Protezione Civile che si tiene a Roma, si dimette dall’incarico per l’incompatibilità degli impegni che gli derivano dall’incarico di Amministratore Delegato della società “Millennium Service”. Gli succede, nel marzo, il confratello Mario Fredianelli.
Il 25 aprile 2002 a Fiuggi l’Assemblea modifica lo Statuto non senza strascichi polemici riguardo alla legittimità dell’atto che non ottiene la maggioranza qualificata prevista dallo Statuto. Alle minacce di ricorso avanzate dal delegato della Misericordia di San Piero a Sieve, Andrea Cavaciocchi, non seguono però atti concreti per evitare uno scandalo mediatico.
Nel giugno 2002 viene inaugurata la nuova sede confederale in Via dello Steccuto a Firenze. L’immobile è di proprietà della “Millennium Service s.r.l.”.
Il 26 agosto 2002 il Parlamento approva una nuova legge sulla immigrazione (la c.d. Legge Bossi-Fini) che modifica il regime dei Centri di Permanenza Temporanea (istituiti con la precedente legge del 1998).
Il Presidente propone la Confederazione nelle gare di appalto per la gestione dei Centri, che viene presentata al movimento come una attività di “servizio e di umanizzazione della permanenza dei pellegrini del terzo millennio”(Gianfranco Gambelli – Relazione alla Assemblea Nazionale di Grosseto 26-27/04/03), iniziando questa attività, con il concorso delle Misericordie locali, nella seconda metà dell’anno.
Il 20 settembre 2002 a Bari, nel corso della IV Conferenza della Protezione Civile Confederale, il Direttore dell’U.G.E.M. confratello Mario Fredianelli si dimette dall’incarico dichiarando una divergenza di vedute con il Presidente confederale. Il gesto, compiuto in apertura, giunge inaspettato e di fatto blocca i lavori della Conferenza.
Il 28 ottobre 2002 un forte terremoto sconvolge il Molise. L’U.G.E.M. e le Confraternite intervengono sul luogo dell’epicentro a San Giuliano di Puglia. Le operazioni, in assenza del Direttore, vengono guidate congiuntamente dai confratelli Mario Fredianelli ed Enrico Luchi.
Il 26 aprile 2003 si tiene a Grosseto l’Assemblea per il rinnovo delle cariche sociali.
Nel corso del lungo iter procedurale previsto dal nuovo Statuto (approvato a Fiuggi l’anno precedente) emergono preoccupazioni circa l’andamento della società partecipata “Millennium Service s.r.l.”.
Il Presidente tacita le voci dichiarando in Assemblea che “La Società dopo un buon avvio ha incontrato nell’anno 2002 una serie di difficoltà per diverse cause sia di ordine strategico che organizzativo, chiudendo il bilancio in perdita… Anche se non c’è da sottovalutare la situazione ritengo che su questo argomento si è fatto molto rumore alimentando allarmismo. La conduzione amministrativa è stata posta sotto controllo e sussistono buone prospettive per ricondurre l’azienda alla normalità.”.(Gianfranco Gambelli – Relazione alla Assemblea di Grosseto- 26/04/03).
L’Assemblea conferma Gianfranco Gambelli nella carica di Presidente confederale.
Nell’ottobre 2003 il Consiglio Nazionale, su proposta del Presidente Gambelli, intendendo superare i veti incrociati che impediscono la nomina del Direttore dell’U.G.E.M., nomina un triunvirato, composto dai Consiglieri Mario Davini, Federico Bonechi e Barbara Bartolini, con il compito di rilanciare il settore ormai senza guida da due anni.
Il 29 novembre 2003 il Consiglio Nazionale nomina il Confratello Gabriele Brunini alla Presidenza della Millennium Service s.r.l. con il mandato esplicito di mettere ordine nella società.
Il 20 dicembre 2003 il Consigliere Nazionale Anna Rita Casini invia una lettera al Presidente Gambelli con cui protesta per la conduzione dell'”affaire” Millennium.
“Nella mattinata di sabato 29 novembre siamo stati messi a conoscenza di documenti, fatti e situazioni di rilevanza penale, perseguibile d’ufficio, che potrebbero coinvolgere, in qualità di amministratori della Millennium Service s.r.l., alcuni degli attuali dirigenti della Confederazione. A questi confratelli la Legge, se non altro, imponeva l’obbligo di vigilare ed, eventualmente, limitare od estinguere i poteri da essi attribuiti all’Amministratore Delegato. Abbiamo anche appreso che gran parte di questi documenti, fatti e situazioni sono maturati nel periodo nel quale l’amministrazione della suddetta Millennium, già palesemente in “difficoltà”, era sottoposta alla verifica del controllo di gestione da parte dello Studio Moracci il quale rispondeva, in via prioritaria, al Presidente Confederale nella sua qualità di Presidente del Consiglio di Amministrazione di quella società. Mentre non ci è stato spiegato in modo convincente perché, per tutto il corso dell’anno 2002 e fino a conclusione avvenuta della Assemblea Nazionale delle Misericordie a Grosseto, convocata per il rinnovo delle cariche sociali, i confratelli del Consiglio di Amministrazione della Millennium Service s.r.l. non abbiano intrapreso alcuna azione per limitare o cessare nei suoi poteri l’Amministratore Luchi, ci è stata proposta la costituzione di una “delegazione” con il compito di raggiungere, se possibile, un “accordo amichevole” con lo stesso Luchi al fine di recuperare qualcosa degli ingenti capitali finiti nella voragine della Millennium.”
Il 6 gennaio 2004 il Presidente della Millennium Brunini diffonde una lettera di precisazione: “Ritengo che l’appassionato intervento di Annarita Casini in Consiglio Nazionale al quale, da Presidente della Millennium ho assistito contenga una affermazione ingiusta quando si sostiene che è stata “proposta una delegazione con il compito di raggiungere, se possibile, un accordo amichevole con lo stesso Luchi al fine di recuperare qualcosa degli ingenti capitali finiti nella voragine di Millennium”. Il Consiglio Nazionale Confederale ha infatti demandato al sottoscritto ogni potere in ordine all’azione di tutela degli interessi della Società Millennium, indicando che questa azione “in prima istanza dovrà essere esperita attraverso una possibile composizione transattiva o ricorrendo all’arbitrato”, che sono strumenti previsti dal codice, prima di azioni più gravi come quella di responsabilità o di azioni legali, e che non è quindi giusto definire “accordi amichevoli”. Lo stesso Consiglio Nazionale ha anche deliberato che “qualora non fosse possibile trovare una composizione stragiudiziale ogni eventuale ulteriore azione sarà demandata al Consiglio Nazionale” stesso.”
Lo scambio pubblico della corrispondenza Casini-Brunini, avvenuto sul sito misericordiaonline.net, non consente più di “contenere” il dibattito all’interno degli organi confederali e le notizie si diffondono nel Movimento a macchia d’olio arricchendosi via via di nuovi particolari in un susseguirsi di riunioni ed incontri.
Il 10 marzo 2004 il Consigliere Nazionale Anna Rita Casini, preoccupata dell’atteggiamento dimostrato dal Consiglio Nazionale, annuncia di aver presentato un esposto alla Magistratura.
Si giunge così al Consiglio Nazionale del 20 marzo 2004 che vede all’ordine del giorno l’ennesima discussione sullo stato della Millennium.
In una lettera riservata del Presidente della Millennium Brunini al Presidente confederale Gambelli (poi resa pubblica dallo stesso autore) si chiede che il Consiglio Nazionale assuma una iniziativa legale a carico dei precedenti amministratori preannunciando, in caso contrario, le proprie dimissioni.
“Ritengo opportuno chiedere decisioni forti e conseguenti nel Consiglio Nazionale del giorno 20 marzo 2004, mettendo per primo a disposizione il mio incarico di Presidente del Consiglio di Amministrazione della Millennium, ritenendo anche che, al punto in cui sono arrivate le cose, difficilmente il Consiglio di Amministrazione possa rimanere inerte se il Consiglio Nazionale Confederale, assemblea del socio unico di Millennium, non assume le decisioni necessarie.”
Le decisioni assunte dal Consiglio Nazionale lasciano insoddisfatto Brunini che, poco dopo, formalizza le sue dimissioni da Presidente della società. A lui succede nell’incarico il Confratello Roberto Monciatti.
Il 18 giugno 2004 si tiene a Roma l’assemblea annuale della Confederazione ed il tema “Millennium” ne pervade i lavori. Il Presidente Gambelli, nella sua relazione, ne ripercorre la vicenda, ed è costretto ad ammettere i rilevanti danni economici e di immagine che ne sono derivati.
Nel mese di ottobre 2004 viene nominato Direttore dell’U.G.E.M. la Consorella Francesca Rossi.
Mentre la Magistratura sta procedendo nell’inchiesta “Millennium”, la Confederazione cerca di superare lo stallo politico organizzando il 26-28 novembre 2004 a Napoli una Conferenza Nazionale dei Servizi dalla quale spera di poter rilanciare il Movimento.
Dai lavori cominciano ad emergere due temi che impegneranno il dibattito negli anni seguenti: “Impresa sociale e la gratuità del servizio” e “decentramento ed unità del movimento”.
Nel gennaio 2005 il Presidente Gambelli in una intervista al giornale “Misericordie” apre alla costituzione di imprese sociali che acquisiscano i servizi che non possono più essere svolti con il solo volontariato. “La soluzione migliore sarebbe un’impresa sociale di emanazione della Misericordia che potesse consentire di avere degli operatori dipendenti a supporto dei volontari. Ciò garantirebbe la continuità del servizio, e la possibilità, sia per i dipendenti che per i volontari, di acquisire una migliore preparazione tecnica. Significherebbe realizzare ciò che oggi facciamo impropriamente con la creazione delle cooperative sociali di supporto, una strada che ci fa perdere di vista la nostra identità. Quella istituzionale.”(Gianfranco Gambelli – intervista a “Misericordie d’Italia” gennaio 2005)
L’articolo, prefigurando una organizzazione della Misericordia come “impresa”, nella quale convivono personale dipendente e volontariato, infiamma il dibattito nel Movimento dividendolo in due orientamenti: quello dei “tradizionalisti”, che insistono sulla necessità di rilanciare i principi etici della gratuità su cui si fondano le Misericordie per motivare ed attrarre nuovi volontari, e quello dei “modernisti”, che insistono per adeguare la presenza delle Misericordie alla mutata organizzazione, anche economica, della società ed alla carenza di volontari.
Sullo sfondo del dibattito si agita la questione dei servizi resi in convenzione con gli Enti Pubblici.
Nel novembre 2005 il Consigliere Nazionale Raul Caneschi, Governatore della Misericordia di Rifredi e sostenitore della tesi “tradizionalista”, si dimette polemicamente dal Consiglio Nazionale.
Contemporaneamente si comincia a parlare insistentemente di riforma statutaria per la Confederazione il cui studio è stato affidato, già da tempo, ad una apposita Commissione presieduta dal Confratello Giovanni Vannoni.
La polemica esplode violentissima nel marzo 2006 allorquando la Conferenza Toscana vara un documento fortemente limitativo della presenza e delle attività confederali nella regione.
Si giunge così alla Assemblea di Roccadipapa del 5 maggio 2006 dove viene proposto nuovamente il testo di modifica statutaria già illustrato nell’assemblea di Pietrelcina dell’anno precedente.